17 giugno 2007, Pisa-Monza, il giorno perfetto

Sport
Sabato, 20 Gennaio 2018

di Valentina Mazza

Il precedente di Pisa - Monza che più è rimasto impresso nella memoria di tutti, è inevitabile, facile e scontato ma è soprattutto quello. 

È il precedente di una partita giocata all’Arena Garibaldi in una domenica pomeriggio che farà di quel giorno, il giorno passato alla storia come "il giorno perfetto".

È il 17 giugno 2007 il giorno in cui Pisa celebra il suo patrono, San Ranieri.  

È il giorno in cui il Pisa dopo 13 lunghi anni di esilio tornerà nella serie cadetta.

Una data quella, la cui somma delle cifre che la compongono, riporta appunto ad un solo numero. Il numero tre, che nella cabala corrisponde alla perfezione. La perfezione si, perché Pisa quel giorno è reduce dalla sua notte più bella, quella che la vede vestita a festa, con il suo vestito migliore illuminata dalla luce dei lampanini accesi sui palazzi dei Lungarni. 

Pisa - Monza inizia in quel sabato sera, la sera della luminaria dove stranamente non c’è spazio per i fuochi d’artificio, per i brigidini, per i lumini, i pensieri sono tutti rivolti a quello che succederà il giorno dopo e quello che succederà il giorno dopo all’apparenza, è solo una partita di pallone ma tutti sapevamo e sapremo che non sarà mai soltanto ridotto a questo.

Il Pisa si gioca la finale di una partita dei playoff che vale la promozione in serie B.

È il giorno del riscatto, è il giorno della meritocrazia per un popolo che vorrebbe solo tornare a veder splendere lo storico orgoglio pisano grazie alla squadra della propria città. Quella notte è un’amalgama di emozioni raccolte durante tutta la settimana precedente, ansia, tensione, speranza, paura.

Il Pisa è reduce dalla sconfitta al Brianteo di Monza per un rigore contro e una rete ingiustamente annullata a Biancone.

È la paura di rivivere di nuovo il vissuto di Brescello, di Bergamo.

È l’ansia per la difficoltà di non riuscire a partecipare a quella partita, è l’ansia per non riuscire ad accaparrarsi un biglietto per l’ingresso ed è anche l’ingegno espresso in biglietti falsi stampati e stesi ad asciugare come magliette su uno stendino sul terrazzo a casa di un amico in un giorno infrasettimanale di quella afosa settimana.

È la scaramanzia di aver steso insieme a quei biglietti la maglietta rossa con la croce bianca, la maglietta dei playoff che avrei indossato per la prima volta quella domenica.

È speranza, perché in quella sera tutti noi, nelle nostre menti, nelle nostre parole e negli sguardi mentre ci scambiamo un bicchiere di birra, c’è la fiducia di poter riscattare quel rigore e di vincere quella partita che sarà scritta nella storia.

La notte trascorre così, tra pensieri, tante emozioni e poco sonno.

E adesso basta chiudere gli occhi per avere vividi i ricordi di quel giorno come fosse un album di fotografie e i flashback si susseguono uno dietro l’altro.

In un attimo è domenica mattina, è il logorio di una mattinata trascorsa passeggiando nervosamente tra le stanze di casa in attesa di raggiungere lo stadio. È il giorno più caldo delle caratteristiche giornate caldo-umide pisane, il termometro inizia a salire fino poi a raggiungere i 40°C. L’ansia di non poter essere presente alla partita è passata, le voci che corrono sugli spazi social che c’erano all’epoca, sono i forum, che iniziano a vociare che mamma Arena avrebbe permesso a tutti di essere presente e di poter dare a tutti la possibilità di dare il proprio contributo per portare il pisa a vincere quella battaglia. Anzi, era un ordine, L’Arena quel giorno avrebbe dovuto traboccare.

Fu proprio così, non ho mai visto l’Arena Garibaldi gremita come lo era quel giorno.

Quanti spettatori fossero presenti non fu mai dato sapere, ma erano il doppio del numero consentito,  15.000, 18.000, 20.000 anime ad attendere la realizzazione di un sogno.

Io quel sogno lo attendevo al fianco degli amici di sempre, al mio posto, nello spazio in Curva Nord chiamato il curvino, quello che adesso per nuove ed assurde normative, è inaccessibile.  

E quel sogno quel giorno sugli spalti, lo attendeva anche il nostro capitano in campo oggi, Daniele Mannini.

L’Arena al risveglio da quella notte, è bellissima. Si presenta come un oceano di vessilli nerazzurri e rossocrociati che sventolavano davanti ai nostri volti tesi.

Quel giorno è la fotografia di uno dei prepartita più emozionante che io abbia mai vissuto. L’incitamento alla squadra in quel momento è ai massimi livelli.

Ho sempre detto che ogni calciatore nella propria carriera dovrebbe aver avuto la possibilità, l’onore e il piacere di riscaldarsi sotto la Curva Nord in quel momento per capire davvero cosa è il calcio a Pisa.

Quel giorno l’Arena era un vero e proprio girone dantesco, disposta a tutto, persino a lanciare un polpo in testa al portiere avversario.

In campo scendevano 11 gladiatori. In campo, oggi posso dirlo, scendeva l’ultimo Pisa fatto di grinta e di tenacia.

La partita inizia tra cori, grida, fiumi di birra e preghiere a San Ranieri con gli occhi alzati al cielo. 

Pisa-Monza è la fotografia della tensione degli occhi di Braglia celata dagli occhiali da sole, le guance rosse di D’Anna, le mani tra i capelli di uno storico e stoico capitano, Fabrizio Ferrigno, che ogni tanto vedevo andare a richiamare i suoi compagni per motivarli mostrando loro il suo braccio. Dopo rivelerà di averci scritto con un pennarello il prezzo del premio promozione su quell'avambraccio.

Quel giorno è la fotografia degli sguardi scambiati con gli amici a cercare sicurezze l’uno negli occhi dell’altro per scacciare la tensione e per condividere la sofferenza di quei minuti che sembravano non trascorrere mai.

A mandar via per un attimo la tensione è Ceravolo che segna il gol dell’1-0.

Pisa - Monza è la bolgia di quel momento dove vengo travolta da corpi accaldati ed esaltati e dai loro abbracci. 

Era la serie B. Quel gol sarebbe bastato alla promozione perché aveva portato le squadre in parità, il Pisa avrebbe vinto i playoff perché era il miglior piazzato in classifica, ma per regolamento, i tempi supplementari andavano giocati lo stesso.

La tensione si fa altissima, torna la paura di essere beffati, il fiato inizia a farsi corto, le voci si spengono. Ed è in quel momento che gioca un ruolo importante la panchina, i ragazzi si alzano incamminandosi verso la Curva Nord ad incitare i tifosi. 

È l’ultimo sforzo e l’ultima paura quella nei nostri occhi nel vedere Ciotola correre su tutta la fascia, i cori si tramutano in grida verso di lui, ad urlargli di tenere la palla, lasciando scorrere il tempo, ma Ciotola non ci sta, atterra due difensori avversari, beffa il portiere mettendo la palla in rete con un perfetto pallonetto. 

È il 2-0. 

Il silenzio un attimo prima dello spettacolo.  

La fotografia di quel momento è un ossimoro perché in realtà non è un’immagine ma un suono.  

Un suono il cui ricordo mette i brividi ancora oggi.

È il rumore più bello che abbia mai sentito in vita mia.

Il boato dell’Arena Garibaldi al gol di Ciotola.

Quel boato resterà impresso nella mia memoria uditiva in tutti gli attimi successivi.

Ormai è impossibile contenere l’Arena, la voce ormai persa non basta più a distendere tutta la tensione, serve muovere le gambe, e c’è la corsa liberatoria fino all’invasione di campo.

Pisa - Monza è il ricordo di braccia che si intrecciano, sguardi che si incrociano, guance che si baciano, pianti liberatori a riequilibrare quella gioia troppo grande per poter essere contenuta.

È la gioia della serie B. 

Resto lì, seduta sul prato dell’Arena a cercar di metabolizzare tutte quelle emozioni e a cercar di realizzare quel sogno avverato.

L’ultima fotografia di quel giorno è quella che sarebbe stata scattatata poco dopo, l’immagine di una popolo felice nel suo giorno di festa in uno dei momenti più belli delle giornate estive a Pisa, il tramonto sui Lungarni.

Un popolo immortalato in un unico immenso abbraccio che ci accompagnerà per tutta la notte, fino al termine di quel famoso giorno perfetto.

Perfetto, come il numero tre, il numero della totalià cosmica, già, perché quel giorno, quella serie B l’abbiamo conquistata in tre. 

La squadra, la panchina e l’Arena. 

E contro quel popolo, contro quella città, contro quella squadra nessuno avrebbe potuto sovvertire il pronostico avverso. 

Nella foto di Massimo Corsini, il popolo pisano in festa sui lungarni all'imbrunire

redazione.cascinanotizie