Donatella Diamanti su La Città del Teatro: realtà in crescita e popolare
A distanza di pochi giorni dall'insediamento del nuovo Consiglio di Amministrazione della Fondazione Sipario Toscana onlus (La Città del Teatro) e le dichiarazioni sia del neo Assessore alla Cultura Luca Nannipieri che del Presidente del CdA Andrea Buscemi, Donatella Diamanti, Direttrice Artistica della Città del Teatro, tiene a precisare alcuni punti, soprattutto dopo la pubblicazione di un articolo su un giornale locale che riportava alcune, secondo la diretta interessata, "imprecisioni", dovute al fatto anche di non aver interpellato la diretta interessata e non averle dato anche il cosiddetto "diritto di replica".
La Diamanti si sofferma sia sulla sua riconferma nella carica, per altro non in discussione visto che esiste un contratto ancora in essere, ma soprattutto sulle scelte del cartellone serale e sul "ritorno" dei classici al teatro di Cascina, speigando, per filo e per segno, l'inconsistenza delle affermazioni fatte dal Presidente Andrea Buscemi e anche di quelle del Vicepresidente Arcenni in riferimento alla riduzione dei cachet delle compagnie che saranno in cartellone la prossima stagione. Di seguito il post pubblicato da Donatella Diamanti su Facebook, da leggere, lo suggerisco, integralmente, chiarisce molte questioni che alcuni vorrebbero lasciare in sospeso.
Piccoli chiarimenti mattinieri.
A parte il breve “Dicono di me” postato più sotto, fin qua mi sono tenuta volutamente lontana da ogni forma di uscita pubblica per un senso di rispetto per tutto ciò che, all’interno di un’istituzione, viene elaborato in privato giorno dopo giorno, prima che prenda una forma definita e divulgabile.
L’articolo uscito due giorni fa sul Tirreno, all’indomani del Consiglio d’Amministrazione tenutosi poche ore prima e a verbale ancora non approvato, mi dimostra invece che sbagliavo o che perlomeno non tutti vivono nello stesso modo il rapporto con i mezzi di informazione.
Visto che di informazione, appunto, si tratta - e visto che chi ha dato spazio a queste affermazioni non ha cercato conferme o repliche venendo direttamente alla fonte - uso questo mezzo per chiarire alcune cose.
Al di là di mere questioni formali (l’articolo si apre parlando di una conferma che avrei ricevuto dalla nuova amministrazione comunale, cosa non solo non avvenuta, ma neppure ipotizzabile, vista l’esistenza di un contratto in corso), voglio affrontare quelle sostanziali portate a sostegno di una presunta guerra fredda in corso.
Un cartellone ha una lunga gestazione, prima di essere varato. Si sondano le nuove produzioni esistenti sul territorio nazionale, si leggono i progetti o i testi di quelle ancora non a punto, si studia una presenza territoriale degli spettacoli scelti per evitare offerte simili a quelle di altri teatri, per colmare lacune, per scommettere su questo o su quello spettacolo su cui una direzione artistica e i suoi collaboratori ritengono valga la pena scommettere. A quel punto, dopo aver fatto una scelta di massima, iniziano le trattative attraverso le quali ogni teatro cerca di presentare al proprio pubblico la miglior offerta possibile con i soldi a disposizione.
Nel nostro caso si è trattato di un’offerta che nelle ultime stagioni - contrariamente a quanto ribadito ultimamente in più occasioni, da post su FB ad articoli di giornale, non si sa bene interpretando quali dati - ha visto gli spazi della Città del Teatro riempirsi di un numero enorme di spettatori, con una crescita continua che ha portato fino agli oltre 19.000 dello scorso anno per le attività in sede (se poi vogliamo considerare il giro delle nostre produzioni in Italia il numero complessivo di coloro che sono entrati in contatto con noi, con il nostro progetto e con il nostro marchio supera le 60.000 unità)
Bene, si sceglie e mi si chiede a inizio di agosto di ricontattare tutte le compagnie per chiedere loro un taglio del cachet, certi che la crisi di cui tutti stiamo patendo gli effetti costringa ad accettare le nuove condizioni. L’operazione, conti alla mano, porterebbe ad un risparmio di 12.500 euro circa se ci si attiene al 20%.
La situazione che sta vivendo il mondo dello spettacolo è drammatica e mettere in piedi una produzione, impegnarsi in mesi di prove, farla girare, cercare di darle una vita di una qualche durata è diventata una scommessa quasi dissennata, da un punto di vista meramente economico. Per fortuna non esiste solo quella prospettiva e così ogni giorno, in ogni parte d’Italia, decine di attori, autori, maestranze affrontano ogni sorta di sforzo pur di dare continuità a una forma di arte senza la quale un Paese sarebbe mille volte più povero. Può ognuno di loro spingersi oltre e sforzarsi ancora un poco? Forse sì. I grandi con più agio, i piccoli con meno, ma sì. Io non credo però che sia questo il terreno su cui chi crede davvero nella qualità e nella dignità del nostro lavoro dovrebbe spingersi. Non a questa data, a fronte di impegni e opzioni sancite seppur verbalmente, da tempo; e questo perché un cartellone non si fa in un giorno e in teatro la parola data vale un contratto.
Magari è stata poi solo una questione di spazio, ma l’articolo non racconta che a tal proposito ho proposto un modo diverso per ottenere un risparmio maggiore (seppur di poco) di quello prospettato. Così come sono sicura che altri se ne possono certamente trovare, portando avanti una riflessione comune sulla linea da me disegnata per il 2017 e già approvata quando il precedente consiglio di amministrazione approvò il progetto triennale grazie al quale ci vengono versati 700.000 euro di contributi, ma non per questo immodificabile.
Altro argomento dibattuto. Nei giorni scorsi vari articoli hanno riportato la necessità di portare a Cascina i classici, adombrando l’idea che esista da parte mia una forte avversione verso di essi. È buffo, perché anche qui basterebbe un minimo di ricerca, per scoprire che ho dedicato buona parte dei miei studi ai classici, compreso Shakespeare e le sue fonti, così come basterebbe chiedere ai frequentanti dei tanti corsi di formazione che teniamo per sapere quale sia il rapporto che ho con certi testi.
Il fatto è, però, che la Città del Teatro si trova in una realtà geograficamente ben precisa. Da un lato, infatti, c’è il Teatro Verdi che ha in quel tipo di offerta la propria cifra principale. Dall’altro c’è Pontedera, che alla storica vocazione di sperimentazione ha affiancato adesso, con la fusione con La Pergola, una proposta più indirizzata alla tradizione. Nel prossimo anno ospiterà un Lear, Edipo, L’uomo dal fiore in bocca o una Bisbetica domata, tanto per fare un esempio. Che fare, allora?
Per non rimanere schiacciati tra due colossi e fare da loro piccola controfigura, abbiamo individuato altri spazi, in linea con quella vocazione alla sperimentazione e ai giovani per la quale riceviamo un cospicuo sostegno dal Ministero e dalla Regione.
Ciò non significa che i classici siano stati tenuti fuori dalla porta, ma solo che abbiamo cercato nuovi modi per avvicinarli. Tanto per non andar lontani, nella scorsa stagione la compagnia InBiliko ha dedicato al bardo l'anno formativo 2016 portando in scena circa 20 allievi dal 18 ai 70 anni con il bellissimo Alla stazione dei primi amori e ancora a Shakespeare ha dedicato il laboratorio per adolescenti Legami. Accanto a ciò abbiamo avuto il piacere di ospitare il “Tutto Shakespeare in 90 minuti” di Adam Long, con Alessandro Benvenuti, e il nuovissimo “Amleto a Gerusalemme” di Marco Paolini e Gabriele Vacis. Due splendide serate che hanno registrato il tutto esaurito, a cui si è aggiunto il successo riscosso dall’“Amleto FX” messo in scena da Gabriele Paolocà. Non proprio nulla, insomma.
Donatella Diamanti