L'invito a cena con i migranti di don Romeo Vio a Salvini resta senza risposta

Cronaca
Cascina
Lunedì, 18 Giugno 2018

Con una lettera aperta pubblica sul Tirreno, don Romeo Vio, parroco di Titignano, nel comune di Cascina, nei giorni scorsi ha invitato ufficialmente il vicepresidente del consiglio e ministro dell'interno Mateo Salvini ad una cena con i migranti organizzata dalla sua parrocchia.

Lui, "il prete più vecchio del comune di Cascina", si rivolge al leader della Lega direttamente e per aiutarlo a "prendere coscienza di quali sono i problemi esistenziali di chi è costretto a lasciare la propria casa, la propria terra e perdere l’identità".

Don Romeo Vio avverte Salvini che in occasione della cena agostana con i migranti, inviterà anche don Agostino Rota Martir "che vive in un camper con i nomadi" e che potrebbe presentarsi "con qualche ragazzo o bambino magari del campo abusivo che si è installato qui nel nostro territorio e che la sindaca Susanna si è ripromessa di cacciare con le ruspe".

La lettera aperta si chiude con un ultimo appello: "Venga alla cena, caro ministro, e sono sicuro che il suo cuore si allargherà nel contattare tutta la nostra gente".

 

Questa mattina abbiamo contattato proprio don Romeo Vio, che al telefono ci ha spiegato il perché della sua scelta:

"Alcune persone hanno risposto alla mia lettera congratuladosi con me - dice - ma con le congratulazioni, io, non ci faccio nulla".

Da parte di Matteo Salvini e della Lega cascinese, però, ad oggi nessuna risposta: "Sono angosciato per come sono gestiti i migranti - prosegue - credo che non si possa giocare su chi ha fame".

In conclusione don Romeo Vio vuole passare un messaggio alla comunità cristiana: "Se qualcuno viene alla mia porta dicendomi che ha fame - spiega - per prima cosa gli darò da magiare e poi, successivamente, agirò sui motivi che lo hanno messo alla fame. A mio parere rifiutare lo sbarco a qualcuno, va contro ogni deontologia e morale. Ciò che mi dà più fastidio, è che Salvini o chi per lui, vogliano passare per cristiani e per difensori dei nostri interessi, magari sfruttando un tema come quello dell'emigrazione ed incantando tante volte anche la gente di chiesa. Questo non lo sopporto e con la lettera ho voluto sostenere la mia idea".

 

 

Questo di seguito il testo integrale pubblicato dal Tirreno venerdì 15 giugno

Onorevole Matteo Salvini, desidero essere tra i primi presbiteri italiani a rivolgerle il mio augurio per la sua elezione a vicecapo del governo della nostra patria, con la viva speranza che lei possa esercitare il suo alto compito specialmente al servizio dell’unità e della concordia tra tutti i cittadini (dalla Padania alla Sicilia) e di una illuminata azione di promozione del bene comune nel solco dei valori umani e spirituali del popolo italiano.

Sono il prete più vecchio del comune di Cascina (città che lei ha visitato anche per congratularsi a suo tempo dell’elezione a primo cittadino della signorina Susanna Ceccardi) e voglio inviarle un caldo invito per condividere con la mia parrocchia un momento importante del nostro essere cittadini e cristiani. Partecipare ad una cena popolare che faremo alla metà di agosto in una data a lei comoda.

Vengo a farle conoscere alcune cose che le serviranno quando certamente vorrà rivolgerci la sua calda e illuminata parola.

Io non sono toscano di nascita, ma ormai lo sono di adozione e da 52 anni cittadino cascinese. Vengo dalla “città olocausto” (come l’ha definita Gabriele d’Annunzio) e cioè da Fiume, oggi Rijeka. Lei è 43 anni più giovane di me e non può conoscere quale è stato il dramma delle popolazioni di Fiume, Pola e Istria nel primo dopoguerra. Però come vice premier che dovrà occuparsi anche dei problemi dei migranti di oggi dovrebbe prendere coscienza di quali sono i problemi esistenziali di chi è costretto a lasciare la propria casa, la propria terra e perdere l’identità.

Siamo usciti in più di 350.000 profughi grazie alla politica illuminata del presidente Tito (con il quale anche suoi predecessori per opportunismo politico hanno amoreggiato) che ha messo in atto una pulizia etnica ante litteram. Siamo venuti nella “nostra Italia”, che amavamo più di tutti gli italiani, non attratti dalle bellezze naturali e storiche ma dal bisogno di sopravvivere. I nostri genitori hanno vissuto per anni in campi profughi cercando lavoro, casa e facendo sacrifici enormi per farci studiare. Purtroppo non possiamo dire che l’accoglienza degli italiani doc sia stata calorosa: ci dicevano che eravamo usciti dal paradiso comunista perché compromessi con il regime fascista.

Migliaia di nostri cittadini hanno dovuto emigrare verso paesi ospitali: Australia, Brasile, Argentina e Stati Uniti. Si fa presto a dire queste cose, caro ministro, ma le voglio dare un dato molto personale. I miei genitori sessantenni hanno dovuto lasciare il lavoro, la casa, i loro morti al cimitero e noi sei figli sparpagliati per tutta l’Italia (Torino, Mestre, Sondrio, Roma, Pisa, Treviso) per trovare uno sbocco ai titoli di studio che avevano conseguito nella gloriosa università di Padova. I genitori hanno dovuto elemosinare il mantenimento dalla solidarietà dei loro figli fino a tanto che il Governo italiano non ha concesso ridicoli e immorali rimborsi dei beni abbandonati con cui saldava il risarcimento danni alla Jugoslavia.

Alla cena popolare che faremo troverà gente che non è da sempre concittadina di Susanna. Ci saranno degli albanesi ormai integrati, anche se musulmani. Lei deve sapere che quando nel 1991 lo Stato italiano ospitò i profughi albanesi che scappavano da un regime totalitario e di povertà, al comune di Cascina furono assegnate tredici persone. Posso ricordare ancora con soddisfazione come i miei parrocchiani si fecero carico del problema.

Ho intenzione di chiedere anche al mio amico don Agostino Rota Martir, che vive in un camper con i nomadi, di venire alla cena con qualche ragazzo o bambino magari del campo abusivo che si è installato qui nel nostro territorio e che la sindaca Susanna si è ripromessa di cacciare con le ruspe.

Venga alla cena, caro ministro, e sono sicuro che il suo cuore si allargherà nel contattare tutta la nostra gente.

 

carlo.palotti