Michelangelo Betti: "Con Buscemi si va verso un imbarbarimento"

Politica
Cultura
Cascina
Mercoledì, 28 Dicembre 2016

Il neo Direttore Artistico de La Città del Teatro di Cascina, Andrea Buscemi, ha rilasciato, alla stampa locale, alcune dichiarazioni accusatorie nei confronti della passata gestione artistica, sulle scelte effettuate nel campo della programmazione, del cartellone.

Lo ha fatto cercando di giustificare la sua "elezione" diretta da parte di un Consiglio di Amministrazione alquanto "amico", senza dover passare dalle "forche caudine" di un regolare bando di selezione, come viene normalmente fatto da tutti i teatro pubblici d'Italia e possiamo dire del mondo.

A suo tempo Buscemi fu scartato e adesso il suo ego lo porta a lodars e a lanciare fango su una direzione passata che per altro, ricordiamo, è riuscita a far aumentare i contributi ministeriali e regionali al Teatro di Cascina per le sue capacità di produzione, progettazione e formazione teatrale, a quasi triplicare il numero degli spettatori nei tre anni di nuova gestione e ad aprire un dialogo con le associazioni del territorio. Pur tra alcune ombre sulla gestione nel suo insieme, come quelle avvenute nelle modalità di rapporto con i lavoratori nella difficile trattativa sindacale per una riduzione del debito della Fondazione; trattativa mal gestita e poco consona soprattutto all'allora governo locale di sinistra.

Sulle parole alquanto forti di Andrea Buscemi interviene Michelangelo Betti, del Partito Democratico, già presidente del CdA della Fondazione Sipario Toscana.

Più che di rivoluzione culturale si può parlare di imbarbarimento

In questi mesi ho sempre cercato di riferirmi al mio impegno nel Consiglio di amministrazione della Fondazione Sipario Toscana puntando a non creare danno alla struttura. La Città del Teatro è un patrimonio troppo importante per la comunità cascinese e mi è sempre sembrato fuori luogo scendere al livello della discussione promosso dai nuovi amministratori. Ho quindi preferito spendere parole a difesa di quel che ho fatto, entrando poco nel merito del "nuovo". L'intervento programmatico di Andrea Buscemi, neo-direttore artistico del teatro, mi porta però a replicare su alcuni punti che mi pare stiano tra lo sproloquio e il delirio.

Buscemi, non avendo argomenti, la "butta in politica". In effetti però, più che essere visto come un corpo estraneo, Buscemi sembra non conoscere il settore in cui lavora. Nel momento in cui arriva (senza selezione) a un incarico di prestigio si mette a guardare al passato e lanciare accuse, partendo dalle nomine della passata gestione. Quattro anni e mezzo fa Donatella Diamanti fu individuata come direttrice artistica al termine di un percorso selettivo che portò a prendere in esame oltre cinquanta candidature, provenienti da tutta Italia.

Mi sento di poter dire che se il curriculum di Buscemi non venne preso in considerazione, non fu per oscure macchinazioni politiche ma per la sua inadeguatezza. Mi spiace che sia stata una bocciatura così traumatica e dolorosa per il neo-direttore. A fianco dell'attività per il teatro la dottoressa Diamanti portava esperienza nel campo della formazione (maturata anche in ambito universitario) e scrittura di sceneggiature per le maggiori emittenti televisive nazionali, pubbliche e private. Senza distinzione di colore.

Peraltro il CdA, integrato da esperti esterni, arrivò alla scelta della dottoressa Diamanti anche perché ci sembrava (ed è poi stato così) che il suo profilo potesse unire istanze di ricerca con la necessità di un teatro anche di profilo popolare. Una figura che sapesse far crescere la struttura, ampliando l'offerta per il pubblico e senza pensare unicamente a produzioni proprie o alla propria attività. Mi pare che la cifra del nuovo direttore vada in direzione opposta, sia in termini di ampiezza dell'offerta che per l'attività.

In un punto del suo lungo intervento il neo-direttore racconta (inconsapevolmente) la sua effettiva estraneità rispetto al settore teatrale, quando si lamenta di aver dovuto pagare l'affitto della sala per recitare al teatro Verdi di Pisa. È un dato amministrativo normale: se una compagnia decide di mettere in scena uno spettacolo può trovare ospitalità in un teatro attraverso un accordo economico. Se il teatro non è interessato a ospitare lo spettacolo, la compagnia può trovare un'altra piazza o pagare l'affitto per la sala. In base alla propria forza contrattuale (e artistica) Buscemi si è accordato col Verdi con quest'ultima opzione. Se non fosse stata sul serio di suo gradimento, avrebbe potuto cercare altrove.

Sono personalmente preoccupato del futuro del teatro di Cascina, ma non per ragioni ideologiche. Mi pare che il "fare" sia scivolato dietro al "dire" e ritengo che questa impostazione non dia prospettive.

luca.doni