Vicopisano e l'Eccidio della Famiglia Petri. La storia di una famiglia spezzata dalla cieca violenza nazista
A pochi giorni dal 25 aprile, come ogni anno dal 25 luglio 1944, a Vicopisano torna d'attualità la memoria e la brutta pagina di storia che coinvolse una famiglia del borgo. Un racconto di violenza e libertà, conosciuto come l'Eccidio della famiglia Petri.
In quella lontana estate del 1944, Vicopisano era diventato un presidio delle forze naziste, "zona nera", terreno tedesco di resistenza agli americani.
Una sera di fine Luglio, i tedeschi fecero allontanare la famiglia Petri dalla propria abitazione, costringendola, insieme a molti altri, a trovare riparo sui monti che cingono Vicopisano. La famiglia, però, non aveva potuto portare con sé il proprio bestiame, l'unico capitale su cui poggiava l'economia della casa.
Il giorno seguente uno dei figli (Piero, appena 14enne) fu mandato ad accudire il bestiame e dato che nessun tedesco lo aveva fermato, la mattina del 25 luglio 1944, furono il padre Giulio (50 anni) e i due frateli più grandi (Alvo Alberto 21 anni e Gino 24 anni) ad assolvere la mazione.
Arrivati alle stalle, però, i tre, al posto delle bestie, trovarono dei soldati tedeschi che li costrinsero al comando per scavare delle trincee.
Arrivati a destinazione, il comandante nazista ordinò invece che Giulio, Alberto e Gino venissero fucilati e portati in un campo lì vicino, il plotone d'esecuzione fece il proprio lavoro.
Giulio e Alberto morirono subito, Gino, riuscito a scappare da ferito, fu ripreso poco dopo e trivellato di colpi all'interno di un rifugio per maiali (vedi foto allegata) in località Sant'Andrea.
"Da quel giorno - racconta Giuseppa Centi, moglie di Ivano, uno dei fratelli sopravvissuti all'eccidio e all'epoca dei fatti 11enne - la vita di mio marito e di tutti i sopravvissuti è cambiata. Ivano, ha continuato a sognare il giorno della riesumazione dei cadaveri dei propri cari dalla fossa comune in cui erano stati gettati, per tutta la vita. Non ha mai più tovato pace fino allo scorso agosto, quando è morto".
La ceca violenza subita dai nazisti, si è poi trasferita a tutta la famiglia Petri e alle generazioni successive: "Abbiamo vissuto nell'angoscia - continua Giuseppa Centi - e questa, si è anche trasferita alle mie figlie. Gino era l'unico partigiano (vedi la foto allegata della medaglia ricevuta), ma una spia fascista di Vicopisano (che abitava nelle vicinanze), condannò tutti i maschi adulti ad una fine tremenda. Una ferita ancora viva in noi tutti".