«Mai più il silenzio» contro i genocidi Vera Vigevani ha incontrato i ragazzi delle scuole di Cascina per raccontare il dramma dei “desaparecidos” e la sua storia di madre di Plaza de Mayo
Vera Vigevani Jarach ha incontrato stamattina, venerdì 12 febbraio 2016, nella sala consiliare del municipio di Cascina, i ragazzi delle scuole secondarie di secondo grado. Con lei Fernando Mellea, assessore alla cultura di Cascina e Ugo Caffaz, antropologo.
Vera Vigevani Jarach, è nata 88 anni fa a Milano. Ebrea, nel 1938 dovette emigrare con la sua famiglia in Argentina perché le leggi razziali introdotte in Italia dal regime fascista le impedivano di avere un vita normale. «A convincerci fu mia madre - ha detto Vera - che capì per tempo cosa stava per accadere. Non riuscì a convincere mio nonno, però, che dopo pochi anni fu deportato e ucciso ad Auschwitz».
In Argentina Vera inizia una nuova vita ma il 25 giugno del 1976, la figlia Franca, di 18 anni, scompare, inghiottita dalla repressione del regime dittatoriale del generale Videla, che in quegli anni imbarcava gli oppositori al regime sugli aerei per gettarli in mare e farli così scomparire. Uomini e donne che poi furono chiamati "desaparecidos".
Vera ricorda i tormenti di quegli anni, quando cercava disperatamente notizie della figlia. «Il governo ci aveva concesso, una volta al mese, di andare a chiedere informazioni sulle persone scomparse, presso un ufficio apposito. Ma ogni volta mi davano risposte differenti: "E' scomparsa sua figlia? Era giovane? Era bella? Allora è la tratta delle donne" dicevano. Mi volevano far credere che l'avessero rapita bande di criminali e portata a fare la prostituta chissà dove. Un'altra volta mi risposero che dovevo considerare quella sparizione come un periodo di villeggiatura per mia figlia».
La verità, purtroppo era un'altra e da quel momento Vera si impegnò con le Madres della Plaza de Mayo per ottenerla.
«Ho testimoniato nei tribunali, sia in Italia che in Argentina, nei processi contro i responsabili -ha raccontato Vera, con i capelli raccolti dal fazzoletto bianco delle madres, e con la foto della figlia appuntata al petto - ma mi sono accorta che anche se avessi avuto giustizia, anche se i responsabili fossero stati puniti, questo non mi sarebbe bastato. Ho infatti imparato a mie spese che ogni genocidio inizia con la costruzione di due stereotipi: la vittima e il carnefice. Prima si individuano le vittime predestinate, cui si attribuiscono le colpe di tutto ciò che non va, poi si costruisce la figura del carnefice, che eliminando la vittima, salva tutti».
Secondo Vera è questo meccanismo che va denunciato ed ecco che il grido delle donne di Plaza de Mayo "Nunca mas" (mai più) deve diventare anche "Nunca mas el silencio" (mai più il silenzio).
«Il coraggio e la passione di Vera ci devono essere di esempio» ha concluso Mellea rivolgendosi ai ragazzi.
Prima dell'incontro, Vera Vigevani ha ricevuto dal sindaco di Cascina Alessio Antonelli, le chiavi della città