A Cascina non si sta alzando la canzone popolare
Come anche Gramsci affermava, la cultura popolare non è da demonizzare, da considerarsi anacronistica, provinciale,
va valutata nella sua serietà, nella sua capacità di rigenerarsi, di essere anche e soprattutto capace di ingenerare nuove linee culturali artistiche: nella scrittura, nel teatro, nella musica, nel cinema.
A Cascina pare sarà un’estate fredda, con masse di persone a girovagare per strade e piazze in cerca di un caldo sollievo, di un “ristoro” culturale “POP”.
Semplice, senza dover emigrare verso lidi vicini. Un’estate che sappia coltivare l’humus popolare senza cadere nell’ovvio, nel cattivo gusto, accompagnata da momenti di intenso livello artistico.
Ri-abituare le famiglie e riprendersi gli spazi abbandonati a causa della pandemia.
Da sole le manifestazioni, gli appuntamenti, gli eventi di una cultura apparentemente egemone, delle classi dominanti, assumono un ruolo negativo, di rifiuto di un’educazione artistica capace di far comprendere il valore di un quadro di Fontana come di Pollock, altrimenti restiamo ai quadretti appesi di “Teomondo Scrofalo”.
O si vuole questo? Tenere separati i due mondi, crogiolarsi nelle proprie “alte” suggestioni artistiche?
Vogliamo il POP, il ROCK, le esibizioni delle associazioni sportive, Steve Martin in piazza, le feste anni ’60 e un contest di indie band locali, gli Animals o Bobo Rondelli, come Sandro Lombardi o Federico Tiezzi, la Carrozzeria Orfeo o gli Einsturzende Neubauten, le feste con i palloncini per i bambini e “Pierino e il Lupo” letto da Popolizio.
Ad oggi vediamo invece nebbia intorno a noi, una nebbia carica di umido che non fa bene alle ossa ma neppure al cuore.