Con la tessera del tifoso, il calcio fa un passo (un altro) indietro
Vittime di un provvedimento sbagliato sono la società e i tifosi nerazzurri esempio di correttezza e passione
C’era una volta il boxing day con il settore ospiti di Spal-Pisa colorato e festante cme deve essere uno stadio in occasione di una partita di calcio e poi c’era una domenica, l’8 gennaio per la precisione, con circa 300 tifosi di Napoli e Roma, numericamente un quinto di quelli presenti al Paolo Mazza di Ferrara, che se le sono suonate di santa ragione sull’autostrada A1 mentre andavano a Genova e, i capitolini, a Milano, quanto basta per far rialzare la testa ai passionisti della tessera del tifoso ed invocare un nuovo giro di vite verso chi, per amore dei propri colori sacrifica il tempo libero per seguire la squadra del suo cuore.
Le autorità hanno deciso, si fa un passo indietro e torna la famigerata tessera che tante proteste aveva suscitato negli anni passati, finendo nel suo nome, per unire anche tifoserie acerrime rivali fra loro. Chiariamo subito: il Pisa Sporting Club, così come gli sportivi, è vittima di questo perverso sistema tornato a mettersi in moto. La società nerazzurra nei giorni scorsi ha cercato in ogni modo di far considerare la membership card alla stregua della tessera del tifoso e forse sarebbe anche stato possibile, ma ha giustamente ritenuto inaccettabile che i dati sensibili forniti in buona fede dai tifosi, alla società e solo alla società, fossero poi da questa girati alle autorità per la gestione dell’ordine pubblico. Così dalla sede di Sesta Porta, loro malgrado, i dirigenti hanno aperto la campagna di vendita della tessera del tifoso, perché in questo modo chi intende cedere i propri dati alla gestione dell’ordine pubblico può farlo e chi non vuole non lo farà, sarà una libera scelta, ma la società non sarà complice di niente.
Le altre vittime poi sono, inevitabilmente i tifosi, tutti, sia chi sceglierà di sottoscrivere la tessera del tifoso, sia chi deciderà di non farlo. La storia ci insegna che la violenza negli stadi non si combatte con la repressione, non si combatte rendendo la vita difficile a tutti. La violenza negli stadi, ma meglio dire nelle autostrade, si combatte con l’educazione sportiva, si combatte colpendo i violenti, coloro che intrecciano rapporti con la malavita coprendosi dietro la sciarpa con i colori della sua squadra, allontanando i colpevoli di fatti violenti, qui invece si spara a casaccio sul mucchio, dimostrando una volta di più di non aver capito niente di come si gestisce l’ordine pubblico non solo nello stadio, ma anche nelle strade che portano ad esso. Di questo passo gli stadi saranno sempre più vuoti, le televisioni ringrazieranno ed il calcio, quello della gente lentamente finirà per morire, ucciso da chi avrebbe dovuto difenderlo.