Eliopoli Summer, l'omaggio a Bruce Springsteen
Grande serata ad Eliopoli Summer nel tributo a Bruce Springsteen dalla band Blood Brothers con alla voce Zerbo. Il racconto del concerto da parte di Gabriele Bianchi
Il nostro collaboratore, redazione sportiva di Punto Radio, cronista con Massimo Corsini e Paolo Sardelli, delle imperdibili dirette del Pisa Sporting Club, fan di bruce Springsteen, era presente in piazza A. Madonna al Calambrone. Il racconto del concerto è anche il raccontare quanto, in questi mesi, gli organizzatori di "Eliopoli Summer" hanno saputo dare alle migliaia di persone che hanno assistito ai tanti show di questa estate
Non è facile per chi è cresciuto a pane e Bruce Springsteen racchiudere in un articolo tutte le emozioni che è stato possibile provare nella splendida serata vissuta ieri sera a Calambrone dove nel contesto di un “Eliopoli Summer” ogni anno sempre più ricco di eventi si sono esibiti i Blood Brothers, famosa tribute band del Boss guidata dalla splendida voce di Zerbo.
Una serata di quelle da ricordare a lungo, introdotta da Massimo Marini ed impreziosita dalla presenza dell’assessore del Comune di Pisa Paolo Pesciatini che a fine show ha esaltato la performance della band considerata il miglior antidoto per combattere quel “distanziamento sociale” che da troppo tempo la fa da padrone e che deve diventare quanto prima soltanto un brutto ricordo.
La musica, la bella musica, quale antidoto efficace contro i mali della vita : chi meglio di Bruce Springsteen ha saputo interpretare tale concetto e trasformarlo in arte, lirica, elegia.
E Zerbo per un paio d’ore non ha cantato Bruce Springsteen, no ; è diventato Bruce Springsteen, lo ha interiorizzato e lo ha restituito al numeroso pubblico presente in una versione intima, sofferta, a tratti commovente.
Si è iniziato in religioso silenzio ascoltando una versione malinconica di “Born in the USA” lontana anni luce dal successo commerciale che ha trasformato il Boss in icona mondiale della musica.
Si è finito cantando e ballando sulle note della trascinante “Johnny B. Goode”, il celeberrimo brano di Chuck Berry che Springsteen ha reinterpretato insieme alla storica E Street Band.
Nel mezzo pezzi celeberrimi mischiati ad autentiche chicche da fini intenditori, brani sconosciuti al grande pubblico ma che meglio di altri raccontato lo Springsteen pensiero.
Perché se “The Promised Land”, “Badlands” e “Dancing in the Dark” non hanno certo bisogno di presentazioni, beh, brani quali “The Way”, “Indipendence Day” e “Nothing Man” fanno parte del repertorio più intimo del Boss e raccontano la sua vita, il suo background, i suoi sogni che spesso sono rimasti tali.
E la chitarra di Zerbo era lì sul palco a raccontare tutto questo, quando dolce, quando graffiante, quando pesante ; nel frattempo la voce arrivava al pubblico e raccontava momenti personali anche difficili fatti di dubbi, di solitudine, di paura per un futuro mai come in questi ultimi anni incerto e nebuloso.
Ma sono proprio questi i momenti in cui la musica può elevarti e renderti leggero, fluttuante nell’aere, quasi divino ; e se la musica è quella di Bruce Springsteen, beh, c’è solo l’imbarazzo della scelta.
Chi vi scrive queste righe in più di una circostanza ha ricacciato indietro a fatica una lacrima di commozione, perché la musica live riesce a tirarti fuori con prepotenza emozioni che ti eri ripromesso di non lasciar trasparire perché a quarantadue anni suonati è così che deve essere.
Ma l’argine si è rotto sulle note di “The Wrestler”, brano struggente e sofferto che Bruce Springsteen compose per l’omonimo film che vide protagonista l’amico Mickey Rourke, la storia tragica di un ex campione di wrestling che fuori dal ring sa essere incredibilmente autolesionista tanto da trovare soltanto nella morte sul ring la catarsi perfetta della propria esistenza.
Perché sfido chiunque abbia un minimo di sensibilità a non commuoversi ascoltando la chitarra più dolce del mondo accompagnare queste parole :
“Sono scappato da tutte quelle cose che mi hanno sempre dato conforto,
Non posso stare in questo posto che è stato sempre la mia casa :
L’unica mia consolazione sono le ossa spezzate e le cicatrici che mi porto appresso”.
Perché ognuno di noi ha cicatrici dolorose da mostrare, luoghi amati dai quali si è costretti a stare lontano, affetti sicuri perduti e mai più ritrovati.
Perché ognuno di noi ha vissuto in tempo in cui è stato un reietto, un emarginato, un ultimo.
E nessuno come Bruce Springsteen ha saputo elevare i reietti, gli emarginati, gli ultimi a protagonisti indiscussi della storia della musica.
Gabriele Bianchi