FIAB Pisa: "ecco perché le barriere sulla ciclopista del Trammino sono sbagliate"
La FIAB di Pisa torna sulle contestate barriere posizionate lungo la ciclopista del trammino: "c'è un ritardo culturale non solo degli amministratori locali ma anche di molti cittadini che pensano alla bici solo come momento di svago e non di mezzo per la mobilità"
Qualcuno ci ha detto di ritenere eccessiva la nostra reazione avversa alle barriere sulla pista ciclabile del trammino.
Abbiamo pertanto scritto un post per spiegare meglio il nostro punto di vista, mettendo la questione in una prospettiva 'storica':
https://www.pisaciclabile.it/2020/12/19/sindrome-dazeglio/
Nel 2008 il coordinamento FIAB della Toscana organizzò una ciclostaffetta per promuovere un progetto quasi visionario: la ciclopista dell’Arno, sul modello dei grandi itinerari fluviali del nord Europa.
La Regione Toscana è stata pronta a raccogliere la sfida, e in collaborazione con le associazioni FIAB attive sul territorio regionale ha prodotto un primo studio di fattibilità per individuare il tracciato. Su molti tratti erano possibili diverse opzioni, ma per quanto riguarda il tratto finale della ciclopista, da Pisa al mare, era chiaro fin dall’inizio che il sedime del trammino rappresentava il tracciato ideale.
Il progresso della “ciclopista Arno” è stato estremamente lento e faticoso, e non sempre le opere realizzate sono state all’altezza delle aspettative di FIAB. La causa di ciò non è stata la mancanza di risorse ma l’arretratezza culturale, arretratezza che in taluni casi ha perfino determinato uno spreco di risorse in opere inadeguate. Per molti amministratori la ciclopista ideale non era un tracciato lineare, ampio e scorrevole, ma piuttosto un percorso tortuoso, talvolta angusto, quasi sempre sterrato, come se il destino del ciclista dovesse essere quello di pedalare con fatica: in mezzo alla polvere d’estate, nel fango d’inverno, al buio di notte.
Poster cronostoria ciclopista Arno
Cronologia ciclopista Arno
A Pisa, in principio, l’avanzamento del progetto è rimasto al palo per anni a causa del totale disinteresse della Provincia; in seguito FIAB è riuscita a convincere il Comune di Pisa a prendere l’iniziativa, realizzando nel 2013 il sotto-attraversamento dell’Aurelia, e arrivando nel 2015 ad acquisire il sedime del trammino per realizzare la ciclopista.
Nonostante l’acquisizione del sedime abbia rappresentato un punto di svolta, la parte più difficile doveva ancora venire: c’è voluto un lavoro paziente e tenace per convincere l’amministrazione comunale a realizzare una pista di ampiezza adeguata e, soprattutto, liscia e scorrevole. Fortunatamente queste istanze di FIAB hanno acquistato forza grazie alla direttiva del MIT 375/2017 sugli standard delle ciclovie turistiche di interesse nazionale (il tratto Pisa-Marina fa parte anche della Tirrenica).
Oggi la pista del trammino è una delle più apprezzate di Pisa, e grazie alla sue caratteristiche è percorsa non solo dalle bici, ma anche da persone a piedi, in pattini, in monopattino, o perfino in sedia a rotelle: data l’ampiezza della carreggiata la convivenza di utenti così diversi non rappresenta un problema.
Le barriere contestate
Ma proprio quando l’obiettivo di realizzare una pista al livello di quelle che si trovano nel nord Europa sembrava raggiunto, è successo l’impensabile: con lo smantellamento degli ultimi resti del cantiere, i jersey di cemento che erano alle intersezioni sono stati rimossi, ma solo per essere sostituiti con delle barriere brunite che, oltre a essere fuori norma, rappresentano un pericoloso ostacolo sulla pista, e risultano particolarmente insidiose col buio.
All’inizio non ci capacitavamo di come si potesse pensare di mettere sulla pista degli ostacoli invece della segnaletica prevista dal Codice della Strada, ma ci siamo resi conto che tra gli stessi utenti della pista ciclabile ci sono taluni che ritengono che queste barriere siano davvero una protezione per i ciclisti: con tutta probabilità sono proprio costoro che hanno indotto l’amministrazione a installare i cancelli sulla pista.
Questo fenomeno inaspettato è in realtà una conseguenza dell’enorme successo della pista, che ha attirato non solo i soliti ciclisti urbani, ma anche molti di coloro per cui la bici unicamente è solo uno svago: costoro considerano la pista ciclabile non un’infrastruttura trasportistica, ma solamente un luogo ameno dove bighellonare. Una specie di parco, lungo 10 chilometri.
Il problema di fondo è quello di colmare il ritardo culturale che ci condanna a rimanere sempre molto distanti dalle buone pratiche dei paesi più avanzati: per raggiungere questo obiettivo non basta fare pressione sugli amministratori, ma dobbiamo innanzitutto convincere i nostri concittadini a liberarsi degli schemi mentali che ancora ci tengono ancorati al passato.