Giunta comunale di Pisa, un orologio che guarda al passato
Quello che potete leggere sotto è il comunicato stampa del Comune di Pisa che recede dall'adesione alla Rete RE.A.DY. Sconcertanti sono le motivazioni: l'educazione dei minori deve restare competenza delle famiglie........la fragilità dell'infanzia e dell'adolescenza non può e non deve essere turbata da pregiudiziali ideologiche.... gli orientamenti e le condotte sessuali sono e devono rimanere un fatto privato e frutto di una scelta adulta.
Ma la Vicensidaca Raffaella Bonsangue dove vive, sulla Luna?
Frutto di una scelta adulta, ma cosa vuol dire? Che un ragazzo omosessuale o una ragazza lesbica da persone "normali" un giorno decidono di diventare "altro", così da una certa età in poi, prima no, da ragazzi guai non si può.
L'omosessualità è una scelta? Ma decenni di studi, dibattiti, così buttati nel cestino in nome della difesa di un'educazione che loro definiscono deve essere esclusivamente familiare.
Certo, ricordiamo bene i danni che l'esclusiva educazione familiare ha prodotto nel passato: ragazzi/e bullizzate, uomini e donne costretti a nascondersi per non fare "scandalo", a dover frequentare luoghi non consoni per la paura di ritorsioni, cittadini/e costretti a camuffare la loro omosessualità pur di non perdere il posto di lavoro.
Ma di cosa parliamo? Dei tanti ragazzi/e che si sono suicidati per le persecuzioni di cui sono stati oggetto, vogliamo ricordare ad esempio Umberto Bindi che quando disse al "mondo" della sua omosessualità fu emarginato e visse quasi in povertà sino alla sua morte o di Sandro Penna, grande poeta, vissuto nella povertà per le sue dichiarate "appartenenze omosessuali".
Come immagine a corredo di questo articolo inserisco la foto di copertina del disco "Il vestito rosa del mio amico Piero", album del 1973, inciso da Gian Pieretti (quello di "Pietre") un concept album che gli fu ispirato dal un suo amico che gli raccontò delle difficoltà, delle discriminazioni di cui era oggetto solo per la sua omosessualità.
Ultimo ricordo: era il 1979 quando a Pisa si tenne, nel 1979, la prima manifestazione pubblica nazionale per rivendicare una vita "normale" per tutti gli omosessuali, fu il primo gay pride della storia italiana (alcune foto di quella manifestazione).
Quaranta anni sono passati da allora e l'orologio della Giunta di Pisa ruota al contrario.
La giunta comunale di Pisa recede dall'accordo tra Regione Toscana ed enti pubblici locali della Toscana che avevano aderito alla Rete RE.A.DY (Rete Nazionale delle Pubbliche Amministrazioni Anti Discriminazioni). La rete aveva il compito di promuovere il confronto e la massima integrazione delle politiche di inclusione sociale per le persone lesbiche, gay, bisessuali, trans gender e intersessuali.
La giunta comunale ritiene che siano venute meno le motivazioni per l’adesione all’accordo e che non sia opportuno proseguire in continuità con gli accordi presi dalla precedente amministrazione. Pertanto ha deciso di restituire la cifra di 2.800 euro stanziata dalla regione per ogni Comune aderente, per la presentazione del programma di attività “Ready for visibility”.
Il commento del Vicesindaco Raffaella Bonsangue: «L'educazione dei minori deve restare di competenza delle famiglie. La fragilità dell’infanzia e dell’adolescenza non può e non deve essere turbata da pregiudiziali ideologiche da cui i bambini devono rimanere immuni per crescere sereni e conquistare la maturità nella piena e libera contezza di sé. Gli orientamenti e le condotte sessuali sono e devono rimanere un fatto privato e frutto di una scelta adulta».