"Guglielmo Tell" di Rossini il 22 e 23 febbraio al Verdi di Pisa
"Guglielmo Tell" torna a far breccia Al Verdi di Pisa l’opera con cui Gioachino Rossini diede l’addio alle scene teatrali, Direzione di Carlo Goldstein e regia di Arnaud Bernard , per la nuova coproduzione con il Circuito Lirico Lombardo, Sabato 22 febbraio 2020, ore 20:30
Domenica 23 febbraio 2020, ore 15:30
La storia del leggendario arciere svizzero, la storia di un padre che nel pericolo riesce a salvare ciò che ha di più caro al mondo. Questo è Guglielmo Tell, ma è anche la storia di un popolo che cerca la libertà e quella del più grande compositore del primo Ottocento che, con questo canto del cigno, si ritira dal mondo del teatro.
Dopo oltre cinquant’anni di assenza, Guglielmo Tell, l’opera che inaugurò il Verdi nel 1867, torna sulle scene pisane nell’onirica visione del regista francese Arnaud Bernard, per l’elegante direzione di Carlo Goldstein, alla testa dell’orchestra dei Pomeriggi Musicali di Milano. Un nuovo allestimento dei Teatri OperaLombardia, in coproduzione con il Teatro Verdi di Pisa.
Sul podio un cast giovane e dinamico che vedrà alternarsi nel ruolo del titolo Gezim Myshketa, già vincitore del 57° Concorso As.Li.Co., e Michele Patti, a sua volta vincitore del Concorso Internazionale per Cantanti Lirici di Orvieto. Giulio Pelligra e Matteo Falcier vestiranno i panni di Arnoldo, mentre Barbara Massaro e Irene Savignano saranno rispettivamente Jemmy ed Edwige. Il terribile Gessler sarà interpretato da Rocco Cavalluzzi, mentre Matilde avrà le voci di Marigona Qerkezi e di Clarissa Costanzo.
L’immagine iniziale della scena di Arnaud Bernard riassume la sua idea drammaturgica: “Si apre il sipario ed entra un bambino in una sala borghese dell’Ottocento, con un tavolo riccamente addobbato per una cena imminente – commenta il regista – È solo, e sta leggendo un libro con molto interesse, rapito dalla favola medievale che divora voracemente, come i morsi di una mela: Guglielmo Tell”.
Carlo Goldstein celebra invece il Tell nel suo stupefacente finale: “Rossini forgia una cadenza che ha l’apparente semplicità che solo le invenzioni geniali hanno – aggiunge il direttore – una cadenza che conclude in modo trascendentale l’intera carriera del più grande operista europeo della propria generazione. Una cadenza che conclude senza concludere […] una descrizione dell’infinito che solo la musica può osare”.