I cambiamenti climatici accentuano le diseguaglianze sociali
Clima ed economia: anche da eventi meteo meno estremi ma più frequenti, come i temporali, derivano impatti significativi e duraturi, che possono accentuare le diseguaglianze. A risultare più colpiti i redditi da lavoro, lo certifica uno studio della Scuola Sant'Anna
Non soltanto uragani e siccità: anche eventi meteorologici meno estremi ma più frequenti, come i temporali, possono avere impatti economici significativi e duraturi, con effetti che variano a seconda delle diverse fasce sociali ed economiche.
Questo è uno dei principali risultati dello studio appena pubblicato sul Journal of Environmental Economics and Management (JEEM), curato da un gruppo di ricercatori e di ricercatrici dell’Istituto di Economia e del Dipartimento di Eccellenza L’EMbeDS della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, del Dipartimento di Statistica della Pennsylvania State University e del Dipartimento di Economia della Northwestern University. Lo studio evidenzia come questi fenomeni, come appunto i temporali, pur essendo meno distruttivi degli uragani, influiscano su salari e redditi in modo da accentuare le disuguaglianze economiche: a subirne il peso sono, infatti, soprattutto i redditi da lavoro.
Lo studio ha impiegato dati dettagliati su oltre 200mila eventi metereologici avvenuti negli Stati Uniti tra il 1991 e il 2019. “Si tratta di eventi che, pur non potendo essere considerati veri fenomeni estremi, causano comunque danni significativi, e la loro frequenza porta a un accumulo dei danni nel tempo”, spiega Matteo Coronese, autore dello studio e ricercatore dell’Istituto di Economia e del Dipartimento di Eccellenza L’EMbeDS della Scuola Superiore Sant’Anna. Combinando i dati meteorologici con informazioni economiche a livello di contea, le ricercatrici e i ricercatori hanno analizzato l’andamento di salari e redditi dopo l’esposizione a questi temporali. “I risultati indicano che i salari subiscono perdite persistenti nel tempo, mentre i redditi tendono a recuperare in maniera graduale”, continua Matteo Coronese. “Dato che i salari costituiscono la maggior parte del reddito nelle fasce più povere della popolazione, queste dinamiche implicano un peggioramento delle disuguaglianze di reddito, già elevate”.
“Gli impatti stimati, pur essendo notevolmente inferiori rispetto a quelli di eventi estremi come quello osservato di recente a Valencia, restano comunque non trascurabili”, evidenzia Federico Crippa, autore dello studio e dottorando del Dipartimento di Economia della Northwestern University. “Su un arco temporale di cinque anni, un aumento significativo nell'esposizione ai temporali comporta perdite salariali pari a circa la metà della contrazione subita dopo la crisi finanziaria del 2007”, conclude Federico Crippa.
“Colpisce la distribuzione geografica e sociale di questi impatti”, aggiunge Francesco Lamperti, autore dello studio, docente dell’Istituto di Economia e del Dipartimento di Eccellenza L’EMbeDS della Scuola Superiore Sant’Anna, e scientist presso il Centro Euro-Mediterraneo per il Cambiamento Climatico. “Le contee più povere soffrono perdite più marcate, evidenziando un deficit di adattamento rispetto alle aree più ricche. Tuttavia, lo studio sottolinea che l’intervento pubblico può giocare un ruolo cruciale: le contee che ricevono aiuti federali subito dopo uno dei temporali considerati nel nostro studio non registrano perdite significative né nei salari né nei redditi”.
"Un altro aspetto importante riguarda l’impatto sui settori produttivi”, sottolinea Francesca Chiaromonte, autrice dello studio, docente dell’Istituto di Economia della Scuola Superiore Sant’Anna e del Dipartimento di Statistica della Pennsylvania State University, e responsabile scientifico del Dipartimento di Eccellenza L’EMbeDS della Scuola Superiore Sant’Anna. "Abbiamo osservato che i settori con una maggiore intensità di capitale fisico, come la manifattura, sono quelli che subiscono le perdite più significative, accompagnate da una riduzione dell'occupazione. Sarà fondamentale estendere l’analisi a diverse aree del mondo per comprendere dinamiche simili in contesti differenti”.
“Il nostro studio si inserisce in un contesto di crescente attenzione agli impatti economici degli eventi atmosferici”, commenta Andrea Roventini, autore dello studio, direttore dell’Istituto di Economia della Scuola Superiore Sant’Anna e membro del Dipartimento di Eccellenza L’EMbeDS. “Con il cambiamento climatico che promette di aumentare sia la frequenza che l’intensità di questi fenomeni, è fondamentale rafforzare le politiche di adattamento e mitigazione per ridurre le vulnerabilità locali e promuovere una maggiore resilienza economica. “Questo studio - conclude Andrea Roventini - dimostra come l’integrazione di grandi moli di dati da fonti diverse possa offrire nuove prospettive sulle dinamiche sociali ed economiche legate agli eventi atmosferici. Tali approcci, centrali nella missione dell’Istituto di Economia e del Dipartimento di Eccellenza L’EMbeDS, forniscono strumenti cruciali per comprendere e affrontare le sfide globali legate al clima e alle disuguaglianze”.
Lo studio è disponibile al seguente link: https://doi.org/10.1016/j.jeem.2024.103074