Il Pisa che non c'è più
Che lo scempio finisca, e che almeno si possa impedire a certa gente di portare in giro il nome di Pisa. Il sogno si è infranto. Un mese sulle montagne russe, passato fra illusioni, speranze, disperazione, nuove illusioni, altre delusioni. Adesso cala il sipario su una squadra e un gruppo di uomini che hanno dimostrato un attaccamento alla città straordinario, e probabilmente cala il sipario anche sul calcio a Pisa, con la città tutta che, giustamente, rifiuta di accettare, una proprietà distante anni luce e con scheletri nell’armadio da fare invidia ad un film dell’orrore.
Britaly Post nel breve volgere di meno di 60 giorni ha distrutto tutto quello che poteva. E’ stata incapace di gestire un bene primario come Rino Gattuso, artefice della promozione della passata stagione e che, la sciagurata coppia Petroni-Taverniti aveva messo alla porta già 10 minuti dopo il fischio finale di Foggia-Pisa. Gli arresti domiciliari comminati a Fabio Petroni, accusato di bancarotta fraudolenta, hanno accelerato un processo in parte bloccato dalla “pace di Gallarate”, grazie soprattutto all’incapacità gestionale dell’avvocato Vincenzo Taverniti (credere che si sia davvero fatto da parte è come credere alle favole), il peggior dirigente sportivo che abbia gravitato nell’ottica del calcio Pisano dal 1909 ad oggi. Con lui Giuseppe Tambone, da sempre ai margini del calcio che conta, che negl’ultimi giorni, evidentemente poco impegnato, non ha trovato di meglio che spendere il suo tempo a provocare una piazza all’esasperazione con messaggi su facebook a metà strada fra lo stereotipo di quello che nel XXI secolo viene definito bimbo-minkia ed il leone da tastiera, per una valutazione definitiva aspettiamo impazienti un selfie in mutande allo specchio.
Stendiamo un velo pietoso su i vari amministratori, avvocati e carneadi del calcio che si sono susseguiti nel mese di agosto, ed arriviamo a Lorenzo Petroni che ha gestito gli ultimi giorni di trattativa con Equitativa. Gestito è una parola grossa, visto che i consigli gli arrivavano direttamente da Zio Giulio Gravina compresi gli avvocati per tirare avanti il club.
In 30 giorni, dalla sua prigionia dorata degli arresti domiciliari, Petroni è riuscito a distruggere i rapporti con qualsiasi livello del tessuto sociale pisano. Dalle istituzioni, che hanno invocato invano una discontinuità gestionale, alla pubblica sicurezza con il Sindacato di Polizia costretto a prendere posizione su un comunicato farneticante riguardante l’annullamento dell’amichevole con il Celta di Vigo, passando per gli imprenditori che rifiutano le prenotazioni alberghiere del Pisa, fino ad arrivare alle società sportive che una dopo l’altra hanno bloccato gli accordi presi in precedenza per la concessione dei campi sportivi per l'attività del settore giovanile.
Britaly Post, e quindi babbo Fabio, ha ritenuto così importante il Pisa da affidarlo al figlio 19enne, nessuna esperienza precedente e mandato allo sbaraglio con l’unico compito di fare il battitore libero e scombinare il più possibile le trattative avviate.
Il piano, chiaro e semplice è uno soltanto: il Pisa deve finire nelle mani di Italpol e dello Zio Giulio. I motivi per cui questo doveva accadere sono comprensibili solo alla famiglia Petroni ed ai pochi eletti che li circondano. Ma la ribellione di una città intera ha impedito il compimento del diabolico giochetto, ed allora Britaly Post, con lo Zio Giulio di supporto, ha lavorato sodo affinchè nessun’altra trattativa potesse essere di ostacolo. Senza più ostacoli rappresentati da altri potenziali acquirenti, il giochetto potrà essere portato a compimento.
Il futuro regala un club inviso alla città. Bene farebbe il Sindaco di Pisa a recepire i tanti appelli che arrivano dai social network ed interrompere subito qualsiasi negoziato per la stipula di una convenzione per l’utilizzo dell’Arena Garibaldi con la società, così come c’è da augurarsi che anche il tessuto imprenditoriale tenga il punto e non collabori con chi ha dimostrato fin qui solo disprezzo e mancanza di rispetto.
Quello che poi sarà il destino finale della società ci interessa fino ad un certo punto, il Pisa, quello a cui tutti volevamo bene non esiste più. Ci interesserebbe invece parecchio che tutto il mondo del calcio traesse da questa vicenda un importante insegnamento e che operasse, da qui in avanti, in modo tale da tutelare tifosi e città da presidenti avventurieri, o capitalisti senza capitali, che nel nome del dio denaro si permettono di disporre delle società sportive senza tenere in considerazione minima il nome della città che portano appresso. In altri sport minori la transumanza dei club da una città all'altra è un fatto consolidato, nel calcio rappresenterebbe un anomalia non di poco conto, vista l'importanza sociale del gioco del pallone, ed un precedente assai pericoloso. AC Pisa 1909 (attenzione, non più identificabile con IL PISA) potrebbe essere il primo esempio di società migrante in quanto ormai invisa al tessuto sociale che l'ha vista nascere e crescere. L'auspicio è che le autorità sportive almeno questo scempio non lo permettano ed impediscano alla società di Petroni e/o Gravina di scendere in campo a rappresentare una città che non vuole essere rappresentata da queste persone.