Isola.ti, il nuovo modo di stare al mare arriva dalla Valdera
Il progetto è stato sviluppato da quattro neo architette 27enni. Tante le risposte positive, tra queste anche quelle di alcuni proprietari di stabilimenti balneari.
Giovani, professionali e decise a trasformare la pandemia da Coronavirus in opportunità.
Il nuovo modo di stare al mare si chiama ISOLA.TI e nasce dall'idea di quattro neo architette 27enni provenienti dalla Valdera (Buti, Fornacette, Pontedera e Ponsacco).
In un periodo come il nostro, in cui la distanza sociale è una necessità, il progetto Isola.ti affronta l'emergenza sanitaria con stile e originalità, e prevede l'installazione di vere e proprie isole (in materiale riciclato) attraccate, a debita distanza le une dalle altre, lungo le nostre coste.
Le isole, modulari e di tre diversi tipi (dalle più spartane, alle più "ricche" di accessori), possono anche essere unite tra loro, così formare, alla bisogna, un più grande e stabile punto d'appoggio da cui godersi il mare al tempo del Covid-19.
Tante le idee alla base del progetto sviluppato da Ludovica Aringhieri, Bianca Cartacci, Carlotta Di Sandro e Federica Frino, tante, anche le opportunità di utilizzo di quello che pian piano sta diventando (lo speriamo per loro) anche una possibilità di lavoro.
La risposta all'idea è stata fin da subito positiva e nelle scorse ore, il gruppo di architette è stato contatto da proprietari di stazioni balneari.
Stamani le abbiamo intervistate e durante la chiacchierata fatta, abbiamo scoperto tante curiosità interessanti
ISOLA.TI: una provocAzione di quattro neo-architette toscane
L’idea tenta di rispondere in maniera positiva e provocatoria ad una situazione di innegabile disagio: crediamo fortemente che l’architettura possa generare bellezza, opportunità e soprattutto soluzioni semplici a situazioni complesse.
In un momento in cui è facile abbattersi abbiamo deciso di reagire con ottimismo ed entusiasmo cercando di dare il nostro contributo.
Come concretizzare l’isolamento se non con un’isola?
Anziché le classiche postazioni balneari in spiaggia, saranno, infatti, delle isole ad accogliere i nuclei di persone.
Lo scopo primario è recuperare quei posti persi in spiaggia dagli stabilimenti balneari a causa del distanziamento imposto dal Covid o incrementare la capienza di spiagge di dimensioni ridotte. Ma non solo, anche integrare quei luoghi più o meno inaccessibili per natura, come le scogliere, punteggiare i laghi balneabili e sfruttare i litorali caratterizzati per la maggior parte da acqua bassa. Pensiamo ad esempio a contesti come la costa ligure, il litorale livornese o il Lago di Garda.
Il trucco è il cambio di prospettiva: isolamento come occasione.
Occasione di ritrovare il contatto con se stessi, focalizzandosi sulla propria persona e sulle proprie necessità.
Occasione di ricercare una sintonia ormai perduta con la natura, fuggendo dalla frenesia della società odierna.
L’isola si concretizza in una piattaforma galleggiante di dimensioni 3 x 3 m, ancorata al suolo e accessibile attraverso delle piccole imbarcazioni che dalla riva raggiungono la piattaforma scelta. Abbiamo studiato 3 tipologie per assecondare diverse esigenze: la più semplice è priva di ogni arredo o copertura, per una giornata dinamica tra tuffi e abbronzatura, le altre due prevedono un comfort più elevato con lettini, poltrone ed elementi di copertura di vario genere.
La struttura delle piattaforme è pensata in compensato marino o similare, rivestita da listelli di legno o wpc (eventualmente sostituibili dalle diverse richieste e casi di utilizzo e locazione) e sostenute da cubi galleggianti di plastica riciclata.
Gli arredi sono parte integrante della piattaforma e, insieme alle superfici, sono impermeabili e igienizzabili a fine giornata. Ogni piattaforma può essere studiata in base alle richieste della clientela, prevedendo materiali e attrezzature in linea con lo stile architettonico e filosofico della committenza.
L’aspetto interessante è, a nostro avviso, la flessibilità delle piattaforme. Finita la situazione di emergenza, esse saranno ancora utilizzabili con la stessa funzione, aggiungendo anche la possibilità di unire due o più moduli, in modo che tutti gli sforzi dei “progetti covid” non vadano persi, anche al livello economico, ma anzi, possano dare uno slancio in più allo stabilimento balneare, rendendolo più invitante.
Inoltre il vantaggio di unire le piattaforme apre nuovi scenari: dal parco acquatico per i più piccoli, ad uno spazio polifunzionale per spettacoli di vario genere che abbraccia l’arte in tutte le sue forme, alle proiezioni cinematografiche, e perché no, ad un’area lounge per gustarsi un aperitivo al tramonto.
Ecco, quindi, che si vengono a creare dei veri e proprio “isolati” da vivere.
“Isolati” può sembrare un’idea semplice in relazione alla sua forma e alla sua natura, ma questa semplicità è proprio la sua forza: la piattaforma non ha la pretesa di proporsi come una novità assoluta, ma di essere un’architettura immediatamente percepibile in linea col suo tempo: in questo momento in cui è necessario creare nuove postazioni, l’”isola” viene in aiuto. Inoltre, terminata questa fase drammatica, l’unione delle varie isole e la loro trasformazione in “isolati” andrà di pari passo con il recupero del valore dello stare insieme.
Questo è il momento di creare cose semplici.
Oltre che un progetto architettonico, c’è, quindi, anche un forte concetto alla base: abbiamo pensato la società pre coronavirus come un puzzle, un puzzle che poi si è disgregato perché messo in crisi dal virus: le piattaforme sparse in mare rappresentano i vari tasselli del puzzle che si è disgregato. Una qualità di questo progetto, come abbiamo detto, è la flessibilità, per cui questi
tasselli nella fase giusta, cioè quando si potrà tornare ad apprezzare la bellezza della condivisione, potranno essere assemblati in due o più piattaforme.
Del resto i Paesi del Nord, come la Danimarca, da sempre attenti alla filosofia green, hanno dimostrato, già molto prima del coronavirus, che progetti del genere non solo funzionano da un punto di vista tecnologico, ma sono fortemente apprezzati dalla popolazione, diventando poli aggregativi che aprono la possibilità di vivere in maniera sostenibile e in linea con la natura.