L'Ordine degli Architetti a gamba tesa sul progetto stadio
Di seguito il comunicato rilasciato dell'Ordine degli architetti della provincia di Pisa sul progetto della nuova Arena Garibaldi. Per alcune considerazioni vi rimando alla fine dell'articolo.
Visionati gli elaborati grafici e descrittivi, e compreso come la contestualizzazione dei progetti nel sito derivi dall’assunto, ritenuto irrinunciabile, che la funzione di stadio non possa essere delocalizzata, si prende atto dell’indubbia qualità intrinseca di ciascuna scelta progettuale.
Tuttavia si evidenzia che ogni progetto, rispettando le indicazioni del Bando, prescinde dal più ampio contesto al quale le scelte programmatiche sull’assetto urbano devono fare riferimento. Le valutazioni sulla localizzazione, contenute in ciascun progetto, ne esaltano talvolta la posizione “strategica” prossima alla Piazza del Duomo ma, proprio per questa peculiarità, la localizzazione viene definita anche “delicata” a causa della prossimità al nucleo storico, alle Mura e alla stessa zona monumentale del Duomo. Ciò in relazione all’uso intensivo proposto, al disagio indotto agli abitanti del quartiere, alle esigenze di sicurezza e al conseguente incremento dei flussi di traffico e di accesso che, già ora, mostrano forti criticità in occasione degli eventi calcistici.
Dalle analisi che supportano le soluzioni progettuali, risulta chiaro come permanga la necessità di affrontare in modo tempestivo e opportunamente coordinato ogni problematica connessa ai flussi di accesso alla città intera.
Considerato che la presenza dei due parcheggi di via Pietrasantina e di via Paparelli, presa spesso a riferimento nella progettazione, non risolve attualmente le reiterate situazioni di congestione urbana nell’area (e oltre), si evince la necessità di affrontare con urgenza le problematiche di traffico in ambito afferente alla pianificazione urbana ed extraurbana.
A maggior ragione ciò si rende necessario se l’intervento si propone come “attrattore” di nuovi flussi giornalieri e si prevedono interventi di valorizzazione pedonale e ciclabile in via Rindi, con la conseguente necessità di trasferire più a Nord il traffico veicolare.
Alcuni progetti evidenziano chiaramente come la soluzione di tali criticità sia correlata alla pianificazione urbana e come l’amministrazione comunale debba, ad esempio, “… in futuro… implementare opere al contorno per favorire la fluidità della circolazione pedonale e carrabile, nell’ottica di una strategia di sviluppo del quartiere di Porta a Lucca e del nuovo stadio…”.
Tali opere vengono correttamente individuate nelle relazioni di progetto e variano, secondo le scelte peculiari di ciascuno, dal “… sostenere la mobilità su ferro per la stazione di Pisa-San Rossore come punto di approdo privilegiato…”, alla realizzazione di un “… parco pubblico attrezzato a parco lineare fuori dalle mura…”, alla “… ripavimentazione di via Rosmini con riduzione del traffico carrabile di attraversamento e razionalizzazione degli stalli di sosta…”, o anche alla valorizzazione “… dell’ingresso su via Luigi Bianchi come spazio monumentale per la città…”.
Molte proposte, anche non citate, hanno segnalato la necessità che l’intervento si inserisca nel contesto urbanistico, soprattutto quando si rende necessario separare i flussi turistici da quelli calcistici.
E’ pertanto evidente come il business plan necessario a valutare l’interesse della città a breve e lungo termine, debba essere comprensivo di ogni considerazione dell’impatto che l’intervento produrrà sul quartiere, sul centro storico e sugli accessi alle zone urbane.
Per quanto sopra detto, l’Ordine Architetti di Pisa torna a ribadire come il progetto di riqualificazione dello stadio comunale si ponga in un delicato contesto urbano limitrofo alla cinta muraria, a Piazza del Duomo e ad un insediamento residenziale del primo Novecento. E’ collocato in un’area per la quale il Comitato del Patrimonio Mondiale UNESCO nella sessione del 23 giugno/2luglio 2007 con la decisione n.31 COM 8 B 61 punto 3, ha invitato lo Stato Italiano, e pertanto tutte le amministrazioni investite dei compiti di tutela e valorizzazione dei siti, ad allargare le misure di protezione per la zona a Nord e a Ovest del sito iscritto. Misure che, essendo parte di un piano di gestione UNESCO, devono essere poste alla base di una pianificazione urbanistica e paesaggistica, informata alle metodologie di tutela monumentale e ambientale, di cui Pisa necessita da troppo tempo.
I progetti visionati prevedono che un’ampia porzione di città, già sottoposta a fruizione fuori scala, subisca trasformazioni e modifiche del carico urbanistico tali da condizionare fortemente ogni prospettiva di qualità residenziale e urbana.
Un intervento così rilevante per le tematiche di fruizione sportiva, monumentale e di vita di questa città, merita un dibattito aperto di tipo urbanistico su prospettive di valorizzazione a lungo termine.
Come architetti, ma soprattutto come membri di questa collettività, pensiamo che le trasformazioni urbanistiche proposte per l’area dello stadio affrontino con competenza e qualità le questioni connesse alla riqualificazione e rigenerazione di una struttura fuori scala. Lo fanno più ancora quando si mantengono sotto il limite di gronda dei fabbricati esistenti e quando la loro forma tenta di essere discreta, di rispettare la vita e lo spazio circostante, dimostrando una personalità propria, non evocativa dei monumenti di Piazza del Duomo, unicum architettonico a livello mondiale.
Tuttavia riteniamo che il presupposto sul quale la progettazione è costretta a operare, vale a dire il mantenimento di un oggetto fuori scala in un sito evidentemente non più idoneo alle istanze di moderna fruizione, non sia coerente con l’atteso miglioramento della qualità urbana e dei servizi, misurabile nella qualità della vita degli abitanti e di chi questa città frequenta per turismo e per lavoro.
Riteniamo che nel nostro Paese la pressione del contingente sulla progettazione tenda a mortificare il lavoro architettonico di qualità.
I nostri ritmi vitali ci stanno abituando ad una architettura lontana dalle persone, che segue solo ipotesi attuative con pesanti conseguenze sul territorio, sulla società, sulla salute e sull’economia stessa dei luoghi con inimmaginabili costi sociali immediati e a medio e lungo termine.
Una scelta di riqualificazione urbana dell’Arena Garibaldi con funzioni a carattere sociale, e contestuale localizzazione in spazi idonei di impianti sportivi di grandi dimensioni con le moderne caratteristiche di fruizione commerciale, sarebbe una scelta amministrativa lungimirante a favore delle generazioni future.
Il consiglio dell’Ordine degli Architetti
Un "pistolotto", questo dell'Ordine degli architetti, difficilmente comprensibile dal comune cittadino che poi rappresenta anche il tifoso medio del Pisa. Certo non giunge inatteso, in fin dei conti, ben prima della scelta del comitato tecnico, di cui sono facenti parte giova ricordarlo anche perchè nella nota diffusa ieri (leggi qui), si parla del progetto come "immediatamente eseguibile", l'Ordine era già intervenuto a gamba tesa "pretendendo" il coinvolgimento.
Non c'è molto da aggiungere anche perchè chi scrive non è architetto e neanche geometra, anzi ha sempre avuto palesi difficoltà a fare qualsiasi disegno, un considerazione però a voi lettori vorrei lasciarla: perchè questa solerzia il suddetto ordine non l'ha mai mostrata quando si tombavano i canali cittadini, in controtendenza evidentemente con il resto del mondo, perchè l'ordine degli architetti, non si esprime in occasione di eventi catastrofici come alluvioni o anche semplici allagamenti (a Pisa sono capitati anche nel recente passato) che chiamano in causa costruzioni (evidentemente progettate da qualcuno, immagino iscritto allo stesso ordine), sorte, magari è capitato, anche in luoghi dove era vietato edificarle, e non perchè era l'UNESCO con una fredda delibera o i vincoli di un piano regolatore a stabilirlo, ma semplicemente il buon senso.
Cari Architetti, si può discutere se sia giusto o meno che una città soffra a viva il calcio come accade a Pisa, ma, per fortuna (o forse no) è così. Mettersi di traverso di fronte ad un opera attesa da decenni e che potrebbe cambiare il corso della storia pisana è un'assunzione di responsabilità non di poco conto, in considerazione del fatto che questa stessa città, meno di un anno fa, non ha esitato a cacciare quelli che, per mera disgrazia, erano i legittimi proprietari della società e non esiterebbe a fare altrettanto con chi intende rallentare il corso di una storia che tutta (quasi tutta evidentemente) Pisa intera sogna a lieto fine.