Salute, il PD di Cascina per una "Sanità di territorio"
"Il ruolo delle Usca andrebbe ulteriormente rafforzato... Nella definizione di un progetto di potenziamento della gestione delle cronicità, di assistenza domiciliare collegata ai medici di famiglia"
Il Partito Democratico di Cascina accoglie gli insegnamenti della pandemia da Coronavirus e profila un futuro in cui le grandi strutture ospedaliere d'eccellenza saranno affiancate da una sanità di territorio, a domicilio.
Scrive l'Unione Comunale di Cascina del Partito Democratico
L’esperienza funesta dell’ultimo anno ha mostrato che l’ospedale da solo non basta.
E’ doverosa una riflessione alla luce della recente pandemia e considerando che sono passati 40 anni dall’entrata in vigore della L. 833/78, i cui principi ispiratori – universalismo, globalità dell’approccio, equità di accesso indipendentemente dalle condizioni reddituali e di residenza – sono ancora largamente riconosciuti come rilevanti dalla maggioranza dei cittadini.
Appare ormai evidente che la scelta di investire solo in grandi strutture di eccellenza a scapito del territorio non è più un’opzione praticabile oggi.
In questa situazione oggettiva, considerando soprattutto le tendenze demografiche e sociali del nostro paese, tra cui l’aumento delle aspettative di vita e la prevalenza delle malattie croniche, pensiamo sia ragionevole ricercare un piano per affermare una costruzione di un sistema di assistenza territoriale capillare e, in particolare, dare maggiore slancio al rapporto tra salute e territorio.
La Riforma Sanitaria 833/1978 mise in primo piano la prevenzione, primaria e secondaria, ma in concreto non è mai stato fatto uno sforzo definitivo per attuare e sviluppare un sistema di prevenzione a livello territoriale.
La riflessione sulle criticità del nostro sistema sanitario, che la pandemia Covid-19 ha fatto esplodere, conferma la necessità di investire più risorse nella sanità pubblica, investendo in primo luogo nel personale sanitario, che nel periodo acuto dell’emergenza è stato sottoposto a un sovraccarico di lavoro non sostenibile. Dobbiamo anche prendere atto che l’attuale risposta della Regione Toscana con l’organizzazione delle USCA sia stata adeguato, rispetto alle risorse disponibili e alla situazione di emergenza; strutture che hanno garantito risposte in una situazione emergenziale e difficilmente prevedibile nella gestione e che, in particolare, si sono dimostrate flessibili in una situazione in continua evoluzione.
Il ruolo delle Usca andrebbe ulteriormente rafforzato sul territorio, non tanto nel potenziamento delle sedi ma nella definizione di un progetto di potenziamento della gestione delle cronicità, di assistenza domiciliare collegata ai MMG.
Pensiamo sia doveroso, sempre richiamandoci allo spirito della riforma, a maggior ragione a seguito della devastante pandemia, pensare alla salute non solo in ottica “riparativa” ma iniziare ad affermare con forza la necessità di superare l’idea che la salute si faccia solo nei centri di cura, negli ambulatori, negli ospedali e focalizzarsi maggiormente su una medicina proattiva e protettiva di comunità, che rifletta le caratteristiche sociali, demografiche ed economiche dei diversi territori. Una medicina non medicalizzante ma capace di affrontare in maniera integrata i problemi socio-sanitari integrati, come presupposto per un miglioramento globale della salute.
Il modello sanitario toscano, per fortuna, ha tenuto, anche se delle criticità le ha manifestate: un possibile scenario di evoluzione del nostro sistema sanitario potrebbe essere quello che punta al rafforzamento della sanità a livello territoriale e nel potenziamento del ruolo del Terzo settore: potrebbe essere questo uno sbocco per affermare la centralità della prevenzione, dove la salute non è una questione prettamente individuale, ma riguarda tutta la comunità; ma, attenzione, questo non vuol dire che occorra trasferire il modello medicalizzante trasferendolo sul territorio.
In questa ottica sul territorio comunale, ricco di significative esperienze di volontariato e di privato sociale, occorrerà lavorare per intensificare la rete delle strutture già operanti sul territorio, facendole dialogare con i medici di MMG, e strutturare una rete dei servizi più confacenti le esigenze che derivano da una attenta analisi sia demografica che dei bisogni emergenti.
Il nostro Comune è caratterizzato dall’essere collocato fisicamente tra due territori che ospitano due strutture ospedaliere: un tempo (circa un anno fa) si sarebbe letto come un vulnus, ora, con la nuova condizione pandemica, può essere invece l’occasione per riaffermare lo spirito originario che animò la riforma, con l’affermazione di una programmazione territoriale che possa far tesoro di tutte le esperienze che compongono l’arcipelago delle organizzazioni in cui si articola il Terzo settore cascinese: un settore che, sicuramente, potrebbe contribuire alla costruzione di un sistema sanitario più equo e più vicino ai bisogni della comunità.