Buonarroti: gli studenti rispondono alle polemiche post occupazione
"Giorno e notte ci siamo impegnati per evitare incidenti che portassero a danneggiamenti e, dove non è stato possibile prevenirli, ci siamo resi disponibili a risarcirli nella loro totalità"
Terminata l'occupazione della scuola e finite le "pulizie straordinarie" dell'Istituto, gli studenti e le studentesse del Liceo Buonarroti di Pisa prendono carta e penna e rispondono alle polemiche sorte dopo il ritorno della scuola alle normali attività didattiche.
► LEGGI ANCHE Il Liceo Buonarroti fa i conti con il post occupazione
Ecco il comunicato degli studenti e studentesse del Buonarroti
Proprio come temevamo, i media e la stampa al termine dell’occupazione del Liceo Buonarroti sono finiti col concentrarsi solo sui danni. Non neghiamo che durante la protesta siano state danneggiate alcune parti della struttura ma ci teniamo a dire che questi danni sono stati eccessivamente sovradimensionati. In ogni istante il nostro principale pensiero è stato rivolto alla salute dell’edificio: giorno e notte ci siamo impegnati per evitare incidenti che portassero a danneggiamenti e, dove non è stato possibile prevenirli, ci siamo resi disponibili a risarcirli nella loro totalità. Ciò non è soltanto dovuto al senso di responsabilità ma anche all’affetto che ci lega alla struttura, unica nel suo genere.
Abbiamo inoltre prestato particolare attenzione ai laboratori in quanto al loro interno si trovano attrezzature di valore e di grande importanza dal punto di vista didattico.
Per quanto riguarda il cosiddetto “porcile” che avremmo lasciato una volta terminata l'occupazione vorremmo chiarire che abbiamo fatto tutto quello che era in nostro potere per lasciare l’edificio meglio di come era in partenza. A partire dalle ore 7 della mattina abbiamo smontato le barricate, sistemato l’arredo seguendo le linee guida dateci dal Dirigente, ci siamo impegnati nella ripulitura dei pavimenti al nostro meglio, documentando il tutto.
Purtroppo ci è stato chiesto dal Dirigente di sgomberare entro le 13 di sabato (giorno già da noi prefissato come termine dell'occupazione) anche a costo di rinunciare alle pulizie, che abbiamo deciso comunque di portare avanti per quanto fosse possibile nel tempo a disposizione; se non avessimo quindi sgomberato entro l’orario limite, il Dirigente avrebbe affidato a noi la responsabilità della struttura fino al lunedì successivo, possibilità che si spingeva appunto ben oltre i nostri limiti.
Nelle situazioni di difficoltà che ci siamo resi conto non avere le forze di risolvere da soli, ci siamo trovati nella posizione di affidarci alle forze dell'ordine: quando un gruppo di esterni ha mostrato intenzioni violente e arrecato danni alla struttura, per la nostra incolumità e quella dell’edificio, abbiamo notificato la Guardia di Città (che tutte le mattine è presente a scuola per garantire la sicurezza del bar) la quale ha allertato la polizia per intervenire.
Ci teniamo infine a fare alcune precisazioni; i graffiti di cui si parla tanto, e per i quali veniamo accusati di vandalismo, sono sempre stati una componente caratteristica della nostra scuola, storicamente amati da studenti, studentesse e non solo, rendono il Buonarroti unico. Riteniamo inoltre scorretto essere accusati di essere autori di murales che erano già presenti nella scuola ben prima dell'occupazione.
Ci è stato detto che le nostre rivendicazioni potevano essere "fatte in un altro momento e senza occupare", ma l’attuale sistema scolastico non lascia mai momenti o spazi dove gli studenti e le studentesse possano sentirsi liberi di confrontarsi e intavolare discussioni, organizzare attività su ciò che gli sta a cuore; questo non accade neanche durante un'autogestione (come dimostrato negli scorsi anni), che comunque quest’anno non ci sarebbe stata concessa.
Al di là dei danni è necessario cercare di comprendere come sia andata realmente la nostra occupazione. Nelle scorse settimane noi studenti abbiamo attraversato un lungo percorso di autocritica e profonda analisi sul modo di vivere la scuola e, attraverso un processo estremamente inclusivo e democratico costituito da numerose assemblee aperte e dibattiti (processo ben lontano dall'accusa di un’oligarchia di trenta persone), siamo giunti alla decisione di occupare la scuola. Abbiamo perciò tentato di costituire uno spazio dove, anche solo per cinque giorni, fossero al centro dell’attenzione temi di attualità, confronti tra studenti e condivisioni di problematiche, al posto che la solita paura dell’interrogazione e le solite valutazioni.
Abbiamo creato uno spazio e un momento nostri, riuscendo ad avvicinarci al tipo di scuola che vorremmo ed è grazie a quest'esperienza formativa che possiamo dire di essere speranzosi e speranzose in un cambiamento concreto.