Il Ponte di Lugnano sarà intitolato ad Enrico Del Guasta
Una scelta condivisa tra le due amministrazione che si affacciano lungo le sponde dell'Arno, quella di Cascina e quella di Vicopisano
L'ufficialità si avrà il prossimo 1 giugno con una vera e propria cerimonia di intitolazione del 'Ponte di Lugnano' ad Enrico Del Guasta, partigiano e vittima del lavoro.
Il ritrovo è alle 9.30 nella Sala del Consiglio Comunale di Cascina (Corso Matteotti 90). Interverranno: Alessandra Nardini (assessora regionale con delega alla cultura della memoria); Michelangelo Betti (sindaco di Cascina); Matteo Ferrucci (sindaco di Vicopisano); rappresentanti dell'Anpi.
La cerimonia rientra nell'ambito delle celebrazioni della Festa della Repubblica e si concluderà con la scopertura della targa in memoria di Enrico Del Guasta al ponte sull'Arno della Cucigliana-Lorenzana.
Enrico Del Guasta nasce a Cascina nel 1920, fedele ai suoi valori, nel 1943, al momento dell’armistizio, da militare di un esercito allo sbando, decise di schierarsi dalla parte della lotta di liberazione contro l’occupazione nazista dell’Italia.
Prese parte alla Resistenza col nome di Comandante Franz del distaccamento “Balducci” delle Brigate Garibaldi. La zona operativa era quella di Fossombrone. Città in cui rimase anche dopo la liberazione.
Ma Del Guasta era comunista, fu uno dei fondatori del PCI a Pesaro, scelta che gli procurò ostacoli nella ricerca di un lavoro per lui e la sua famiglia. Al momento in cui l’Italia lanciò il “manifesto rosa”, l’appello ai cittadini italiani che avrebbero voluto andare a lavorare in Belgio.
Enrico Del Guasta si trovò quasi costretto a scegliere quella strada: in quanto comunista non riusciva a trovare lavoro e le autorità locali gli chiesero di scegliere o un bel passaporto per il Belgio o la mancanza di lavoro in patria. Assieme a lui andarono a Marcinelle molti italiani provenienti dalle zone più povere del paese: Sud Italia, Abruzzo, Triveneto.
Ben 44.000 dei 63.000 minatori stranieri erano italiani. Enrico aveva già quattro figli: Libero, Gianfranco e Graziella e Umberto.
La famiglia si trasferì nel villaggio di Sart Saint Nicholas, in alcuni edifici di un ex campo di concentramento tedesco. La maggior parte degli abitanti erano italiani, “Non stavamo male a Marcinelle, eravamo si molto poveri, ma tra tutti c’era molta solidarietà, ricordo ancora quando qualcuno ritornava dall’Italia con pacchi di prodotti, si divideva tutto, era una grande festa”, ricorda Umberto Del Guasta.
Enrico fedele ai suoi principi e ai suoi ideali si adoperò molto per organizzare i minatori e rivendicare luoghi di lavoro più sicuri e l’affermazione di diritti all’epoca inesistenti. “C’è un libro, Per un sacco di carbone, edito dalle ACLI del Beglio, in cui viene riprodotto il manifesto di fondazione di un Circolo Operaio (nella fotogallery), tra i tre promotori c’è anche mio padre.
Il documento è datato 21 luglio 1956, 19 giorni prima della tragedia. Come a dire che mio padre e gli altri sapevano bene che in quelle miniere tornare in superficie vivi era ogni giorno una scommessa. Pensi che le famose porte tagliafuoco all’interno della miniera erano in legno. E pochi giorni prima era avvenuto un altro grave incidente in un’altra miniera dove erano morti tra gli altri, sette italiani e il governo del nostro paese aveva anche protestato con la minaccia di far rientrare in Italia tutti i nostro lavoratori, viste le condizioni di lavoro a cui erano costretti”, ci racconta ancora Umberto. E l’8 agosto del 1956 avvenne la tragedia, il corpo di Enrico Del Guasta fu ritrovato solo dopo circa un mese e mezzo dalla disgrazia e riconsegnato ai familiari che lo seppellirono a Pettori, paese d’origine. Una storia che non si deve assolutamente dimenticare, una memoria che ci deve far riflettere su ciò che è stato e su quello che non deve più essere.