Dal deserto: diario Saharawi giorno 1
Dal nostro inviato ad AUSERD, RASD, ALGERIA
scrivo dal mio cellulare perché il mio bagaglio col netbook dentro è rimasto, a quanto si sa, a Roma. Forse arriva martedì con il volo Algeri - Tindouf. Ma questo non mi scoraggia e per questo l'avventura mi pare ancor di più degna di tale nome. Proverò a raccontavi cosa accade ugualmente. Siamo arrivati da poco, nemmeno 24 ore dal nostro sbarco in piena notte nel mezzo al Sahara. Un gigantesco 767 Air Algerie ci sbarca davanti ad un piccolo aeroporto militare, la cui sala di attesa fumosa e molto anni '80 ci accoglie subito con la sua diversità, molti poliziotti, dei gendarmi, una tv fa vedere una partita che nessuno guarda, un viavai continuo di persone, alcuni parlano, altri bevono caffè al piccolo bar. Non sembra un aeroporto, matar in arabo: subito riconosciamo l'Hassaniya, il dialetto arabo locale, gutturale e aspro ma che non stona con la musicalità dell'arabo algerino a cui avevamo iniziato a fare l'orecchio. Persone con vestiti tradizionali si alternano a ragazzi vestiti all'ultima moda, donne velate insieme a donne non velate. Le donne, nei paesi arabi, manifestano la loro bellezza tramite gli occhi e gli sguardi, un concetto a noi poco familiare, l'intravedere non è affatto uguale allo svelare, al palesare completamente, come la pubblicitá di una nota marca di reggiseni che, a grande schermo, sotto i cartelloni dei "Arrivals/Departures" di Fiumicino,"mostrava" la quasi totale nuditá della modella. Sul volo per Algeri faccio conoscenza con un signore di origini algerine, ma che si fa chiamare solo Marcello, che vive in Italia dal 1990 che, dopo aver rotto un po' il ghiaccio, mi fa vedere la foto sul suo smartphone di un ragazzo - "è il figlio della maestra di mio figlio, morta in uno degli ultimi terremoti che hanno flagellato l'Italia" - rimango colpito, con il cuore in gola, pensando a come le trame della realtà si intreccino in maniera così complessa.
Non è del tutto vero il mondo arabo che non è un mondo plurale. Mi ha colpito molto la sala della piccola moschea dell'aeroporto di Tindouf, all'ora della preghiera, infatti, i fedeli vanno a lavarsi i piedi nei bagni in apposite vasche, dopodiché iniziano una delle cinque preghiere quotidiane. Una litania molto gesticolata, alternata a parole dette velocissime; una cosa peró é certa: qui "Allah U Akbar" vuol dire solo "Dio è Grande". Inoltre non tutti i passeggeri sono entrati nella piccola moschea aeroportuale. Adriano Drammissino, di Looking4, mi dice che l'Algeria é un paese musulmano e non islamico (differenza su cui invece si fa spesso confusione), cioe Politica - Religione - Vita sono sì legati, ma non incatenati. Una scena sicuramente inusuale a noi europei, ma che contraddistingue subito il luogo in cui siamo. Arriviamo nei campi Saharawi su un bus donato dalla Regione Toscana, scortati da alcune jeep militari. Nel mezzo al buio del Sahara Occidentale vedo le stelle, qualche lucina lontana e il lampeggiante roteante della jeep della Police, poi cielo e sabbia si toccano, laggiú, da qualche parte. Ho gli occhi infuocati, in viaggio da 24 ore ma anche se stanchissimi troviamo la casa di Zacma Ahmed Baba, giovane ragazza Saharawi di quasi trent'anni, che parla un fluentissimo italiano e che ci ospiterá in questa settimana. Sa l'Italiano perché è venuta a Cascina molte volte, grazie agli scambi ed è molto legata ad Alice, Adriano, Andrea e Flaminia. Io, Silvia e Francesco ne facciamo subito la conoscenza e rimaniamo subito colpiti dalla sua simpatia trascinante. Ha una bella casa, più stanze, molte sorelle e due genitori con gli occhi che ridono.
Ci siamo svegliati in questa mattina di Pasqua, nella luce infuocata del deserto, ci attende una lunga giornata e una lunga settimana. I prossimi aggiornamenti nelle giornate a seguire. Tenterò delle piccole dirette tramite l'account Facebook di Cascina Notizie.
Continua..