Dal deserto: diario Saharawi giorno 2
Dal nostro inviato a AUSERD - RASD - ALGERIA
La nostra nuova vita è iniziata a tutti gli effetti qui ad Auserd. Casupole, tende, casette di sabbia murata formano lo skyline di queste zone desertiche. L'acqua viene razionata dallo Stato, cosicché pure l'idea di coltivare gli orti barricati dietro muri di fango è naufragata. Ancora si vedono spuntare degli arbusti e quelli sprazzi di verde in mezzo a tutto questo giallo ocra ridona vita ai nostri occhi stanchi.
Ogni tanto qualche capretta attaversa la strada e si ferma a guardarci, anche loro notano che siamo "stranìa", forestieri in arabo. Le vecchie onnipresenti Mercedes rattoppate e verniciate fanno lo slalom seguendo uno strada a noi del tutto ignota. Prendiamo il thè, vera e propria cerimonia qui, rigorosamente seduti su dei coloratissimi tappeti. Tutti in cerchio aspettiamo che chi lo prepara finisca di versarlo di bicchiere in bicchiere, si aromatizza di più, dicono. Effettivamente ha un sapore fortissimo, buono, anche se bollente è un modo dolce per bere ed essendo bollito non corriamo pericoli. Ogni seduta ha un vero e proprio cerimoniale: è composta di tre tipi di thè, dal più amaro, amaro come la vita qui nei campi, il secondo più dolce, dolce come l'amore, il terzo dolcissimo, soave come la morte, dice la padrona di casa, Sáltala. Qui parlo con Mullaj, che dai modi e lo stile, camicia sbottonata, orologio e mocassino, pare un lord inglese apparso misteriosamente nel Sahara. Insegna inglese qui al Centro Giovanile Comunale; stamani ha insegnato l'alfabeto e i "greetings" a delle alunne di Auserd.
Mi racconta della sua esperienza con Oxfam, la nota organizzazione internazionale. Nell'autunno scorso in Tunisia nel corso della presentazione di alcuni workshops mirati all'integrazione e alla convivenza civile fra i popoli del Maghreb, quando il relatore, dopo aver presentato i vari partecipanti, giunti da Libia, Algeria, Mauritania, Tunisia, Marocco e la Repubblica Araba Saharawi Democratica, il marocchino presente ha preso la parola molto accalorato dicendo che la RASD non esiste assolutamente, è parte del Marocco il Sahara Occidentale. Lo sconcerto era tanto, mi dice Mullaj, era un workshops per l'integrazione e già alla prima seduta, durante la presentazione, iniziano già i dissidi. Per fortuna, continua, il relatore lo ha richiamato, dicendo al partecipante marocchino che quella era solo la sua idea, che non aveva rilevanza; infatti il programma Oxfam segue ciò che ha stabilito le Nazioni Unite. Vedo Mullaj dispiaciuto per questo evento, mi versa del thè e mi sorride. I rapporti col Marocco sono tesissimi, tutti lo chiamano "l'Altro Paese", non lo nominano nemmeno. Dopo la guerra, iniziata con l'invasione del Sahara Occidentale del Marocco nel 1976, dopo la decolonizzazione spagnola, con l'intervento delle Nazioni Unite si era stabilito nel 1991 il referendum per l'Autodeterminazione del popolo Saharawi. Di fatto, ad oggi, è tutto in sospeso. Ma loro, forti del loro Fronte Polisario, non fermano la Resistenza -" dopo che attaccammo vincendo la Mauritania, con cui il Marocco si era spartito la nostra terra, il Polisario, finanziato da Gheddafi, Cuba, il Sud Africa e altri paesi africani, eravamo apolidi, senza una terra da abitare. A Sud la Mauritania attaccata e vinta, a Nord il nemico principalee cioé il Marocco, a Ovest l'Oceano Atlantico...rimaneva solo questa zona dell'Algeria. Ed eccoci qui" - conclude Mullay alzando le spalle.Il Fronte Polisario governa la RASD, il suo compito è portare il Popolo Saharawi alla libertà tanto sognata. Fino a quel giorno non saranno ammessi altri partiti. Ma, mi dice Mullaj, nella costituzione della RASD, dice che saranno ammessi una volta raggiunta la libertá. Con chiunque si parli capita molto spesso che dicano " quando finalmente saremo liberi...", è un sogno, una speranza che dura dal 1976. Prima di mollare, di andarsene si vive così, nelle difficoltà che ci possono essere qui, nel Sahara sbattuto dal vento.
Incontro Mansur Mohammed Fadel, segretario regionale della Gioventù di tutta la Wilaya, la circoscrizione di Auserd. Ha 26 anni e un orgoglio inestinguibile e mi racconta che "l'obbiettivo principale è che qui i giovani evitino i pericoli del troppo tempo libero a disposizione, il 95% del tempo non è impiegato, a causa della forte disoccupazione che dilaga. Ma disoccupazione e tempo libero rischiano di essere delle esche per i trafficanti di droga e i fondamentalisti. Dobbiamo scongiurare tutto questo, dobbiamo creare dei Saharawi formati e colti, preparati per quando saremo liberi nella nostra terra", dice serio e diretto, "io stesso ho studiato informatica in una scuola tecnica spagnola e grazie a ciò mi sono salvato. Ma ho deciso di tornare qui per lavorare in nome della Causa Saharawi" ( ringrazio Flaminia Vannozzi per la traduzione simultanea dallo spagnolo).
Qui si impara la tenacia e l'orgoglio in nome della Libertà. Sembrerà anacronistico, sembra di vivere in un'altra epoca. Hegel diceva che "l'essenziale è rimanere fedeli al proprio scopo". Sono i nostri fini, i nostri scopi che ci proponiamo nella vita a rendere completa la nostra vita? Qui pare di si. Una vita in esilio, nelle difficoltà del deserto, nell'angosciante attesa che quel referendum venga indetto. La MINURSO (Missione Nazioni Unite Referendum Sahara Occidentale) viene rinnovata annualmente dal 1991, ma ogni volta il Marocco trova pretesti per far cadere il referendum. Su un muro si legge "La patria o il martirio" con la bandiera della RASD. Per un momento pareva di essere a l'Havana.
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