7 maggio, l'anniversario della morte di Franco Serantini

Politica
PISA e Provincia
Lunedì, 6 Maggio 2024

Mozione di Una città in comune per l'intitolazione di Piazza San Silvestro in suo nome

Ha scritto una città in comune.

Domani 7 maggio ricorre l’anniversario della morte di Franco Serantini. Come non ci siamo mai stancati di fare insieme alla Biblioteca che porta il suo nome, chiediamo anche oggi che gli venga resa memoria con un atto minimo di giustizia ad anni di distanza: l’approvazione della mozione con cui si delibera la nuova intitolazione dell’attuale piazza San Silvestro in Franco Serantini, mozione, nata proprio da una lettera aperta della stessa Biblioteca e sottoscritta da migliaia di cittadine e cittadine, che la destra ha impedito di discutere nella scorsa consiliatura.

Si tratta di certificare ciò che la città attende da anni e un dato da tempo di fatto acquisito perché la cittadinanza già identifica la piazza con il nome di Serantini.

Nel Consiglio comunale di oggi abbiamo perciò richiesto di fare una comunicazione, che mettiamo di seguito, per ricordare ciò che successe in quei giorni e continuare a chiedere un adeguato riconoscimento con la nuova intitolazione. Da parte nostra rinnoviamo l’invito a partecipare all’iniziativa di commemorazione che la Biblioteca Franco Serantini ha organizzato nella sua sede domani alle 18.

 

Nello stesso giorno di oggi, un 6 maggio di tanti anni fa, cinquantadue anni oramai, un ragazzo di venti anni continuava a lamentare un fortissimo mal di testa e dolori in tutto il corpo. Stava male, non si reggeva in piedi, avrebbe avuto bisogno urgente di cure, ma non poteva scegliere di essere visitato da un medico. Era in carcere, in una cella e nessuno venne a soccorrerlo. Morì in maniera atroce la mattina del 7 maggio del 1972, a Pisa, al pronto soccorso del Don Bosco, solo, con i rappresentanti delle istituzioni dello Stato italiano, uno Stato che lo aveva ingabbiato e che mentre era in sua custodia gli aveva negato le cure che gli sarebbero state necessarie per salvarlo.

Il suo nome era Franco Serantini e il 5 maggio era stato bastonato selvaggiamente da un reparto della celere, all'angolo tra il lungarno Gambacorti e via Mazzini, a pochi metri da dove ora si affaccia Palazzo Blu. Era per strada a protestare contro il dispiegamento di forze di polizia che avevano blindato la città a difesa del comizio elettorale di Giuseppe Niccolai, deputato del Movimento Sociale Italiano.

È una storia che conosciamo bene, che la città di Pisa conosce bene, perché per la città di Pisa Franco Serantini è stato un figlio e un fratello. Serantini era orfano, un bambino e poi un adolescente sardo che aveva vissuto una storia molto complicata e difficile di affidi, abbandoni, violenza e incurie. A Pisa invece aveva trovato amici e passione. Aveva trovato una nuova fiducia nella vita. Qui stava per terminare il suo percorso formativo in una struttura semi-detentiva, presto avrebbe potuto vivere in piena autonomia la propria esistenza, per la prima volta.

Dopo la mattina del 7 maggio, quando il suo cuore si spense, lo Stato tentò invece, ancora una volta, di relegarlo nel buio della storia, le istituzioni carcerarie provarono a procedere con una sepoltura rapida e furtiva.

La città di Pisa si rifiutò, non volle accettare che il silenzio calasse sulla vita di Serantini: lo fecero sia le istituzioni municipali che la società. Dal Comune venne negato il permesso a una procedura sommaria e illegale, dalla società civile venne richiesta l'adozione post-mortem di Serantini, in modo da pretendere una perizia medico-legale e risalire alle cause della morte ed eventualmente ai responsabili.

In questo passaggio a Pisa si è compiuto uno straordinario atto di conquista democratica. Si è riconosciuto il diritto inalienabile di ogni persona alla giustizia, si è affermata che la forza di un singolo si può fare più grande di quella dello Stato, là dove lo Stato aveva agito con violenza, al di fuori della legalità e soprattutto contro ogni tipo di umanità e di giustizia. Dopo poco però lo Stato era tornato ad affermare la propria forza e la propria impunità, affossando ogni tentativo di trovare la verità e individuare i colpevoli di quella morte. Ma almeno questa storia non era passata sotto silenzio.

Oggi - come ogni anno - crediamo sia necessario ricordare la storia di Serantini. È una vicenda che non può essere ridotta a uno tra i tanti episodi degli anni Settanta, che a molti in questa sala piacerebbe liquidare sotto le etichette di "anni di piombo" e di "opposti estremismi". Sono etichette che non dicono niente, che servono solo per fare delle persone che hanno vissuto quegli anni una melassa senza senso. Non c'entra niente questo con Serantini e chi continua a sostenerlo dimostra di non rispettare la storia di questa città. Nella storia di Serantini ci sono tanti elementi che ancora oggi bruciano e possono scaldare; più o meno recenti ci sono molti casi per cui chiediamo giustizia.

La violenza che lo scorso 23 febbraio hanno subito i ragazzi e le ragazze che sfilavano pacificamente in corteo verso Piazza dei Cavalieri, perché non si voleva che emergesse da Pisa una voce contro il genocidio del popolo palestinese da parte del Governo israeliano; per questo la celere di Firenze ha picchiato selvaggiamente, pochi mesi fa.

L'ingiustizia che subisce oggi Ilaria Salis, detenuta da oltre un anno in condizioni inumane nelle carceri ungheresi, trascinata nelle aule di tribunale con le catene ai polsi e ai piedi, con un guinzaglio alla vita, pur in assenza di prove che dimostrino le accuse a lei rivolte.

La brutale morte di Stefano Cucchi nel 2009, a Roma, mentre era in mano allo Stato in custodia cautelare, picchiato da un gruppo di carabinieri, a cui poi furono negate le cure necessarie per salvarlo. Questa vicenda ha visto due anni fa la condanna definitiva di alcuni dei responsabili, grazie alla volontà di altri carabinieri di dire la verità, di rompere il muro di gomma della difesa istituzionale per restituire almeno un po' di dignità alla giustizia.

Anche per Emanuele Scieri, parà della Folgore ucciso a Pisa nella caserma Gamerra di via di Gello nel 1998, si è di recente ottenuta una parziale giustizia, grazie all'ostinazione della famiglia che non ha mai smesso di cercarla, con la condanna di due commilitoni responsabili di un atroce atto di nonnismo e della successiva omissione di soccorso.

I responsabili della morte di Franco Serantini invece non sono mai stati individuati. Per il suo caso, ormai, non sapremo mai i nomi e le dinamiche esatte del pestaggio che lo hanno troncato. Perciò assume ancora maggior importanza la richiesta di approvare un atto minimo di giustizia per rendergli memoria: quello che la città attende da anni e che con la Biblioteca a lui intitolata abbiamo continuato a chiedere in Consiglio comunale, cioè l’approvazione della mozione con cui si cambia il nome di Piazza San Silvestro in Piazza Franco Serantini.
 

redazione.cascinanotizie