Ripartire dagli errori di un'annata sportiva fallimentare

Sport
Giovedì, 24 Maggio 2018

“Mister facci entra’, mister facci’ entra’ giocano gli ultra” è l’ultimo grido della curva, quella stessa curva che con una passione e un amore commovente ha incitato la squadra fino all’ultimo istante di una partita che tutti avevano capito essere segnata, ma che nessuno voleva rassegnarsi a veder perdere. Un coro che meglio di qualsiasi altro rappresenta la stagione del Pisa, una stagione che doveva riportare i nerazzurri in serie B e che invece si è trasformata in una odissea sportiva, fatta di illusioni e delusioni che si sono alternate con precisione chirurgica.

La partita contro la Viterbese è stata lo specchio di una stagione che deve servire da lezione ad una proprietà giovane e da poco nel mondo del calcio, ma che deve fare una severa autocritica, perché se sbagliare è umano perseverare sarebbe non solo diabolico, ma soprattutto ingeneroso verso una piazza che nel corso di tutta la stagione è stata al fianco della squadra anche quando questa non se lo sarebbe meritato. Si chiude così la settima partecipazione del Pisa ai playoff e dopo 18 anni una squadra avversaria torna a celebrare la qualificazione sul campo dell’Arena Garibaldi. C’era riuscito il Brescello al cospetto del Pisa di D’Arrigo, neopromosso, che cercava il doppio salto, c’è riuscita la Viterbese, due circostanze assai diverse, per il momento storico, per la forza delle due squadre e per gli obiettivi di inizio stagione.

Già, gli obiettivi di inizio stagione. Dopo la peggior retrocessione dell’ultracentenaria storia nerazzurra, i proclami erano volti al riscatto, al costruire una squadra in grado di vincere il campionato, anzi di dominarlo, per ritornare subito in serie B. Il compito della ricostruzione viene affidato ancora una volta a Raffaele Ferrara “artefice” del mercato di riparazione 2017, quello che ha portato a Pisa Angiulli, Manaj, Zonta, Zammarini e Masucci, unici due, questi ultimi, in grado di essere incisivi a patto di farli giocare nel loro ruolo.

Il peccato originale della società è stato proprio quello di affidarsi ancora una volta a colui che non era stato in grado di evitare la caporetto, che sembrava scongiurabile dopo la vittoria contro la Ternana. Ferrara ha portato a Pisa, tanti giocatori, tanti bei nomi, calciatori sicuramente con un pedigree importante e con dei trascorsi che erano incoraggianti. Alzi la mano chi a giugno non rimase piacevolmente colpito dall’arrivo di Negro, Ingrosso, Izzillo e poi il colpo Gucher e in attacco si decide di puntare su Eusepi, bocciato qualche mese prima e mandato in esilio ad Avellino La conferma dell’eroe di Foggia, è bene non essere ipocriti, venne allora accolta con grande entusiasmo dalla piazza. Però, c’è un però. La differenza fra gli addetti ai lavori e i tifosi, sta proprio nel non lasciarsi abbagliare dai nomi, dai numeri e dall’emotività dell’ambiente. L’addetto ai lavori, altrimenti diventa un collezionista di figurine, sa che deve plasmare una squadra fatta di qualità, carattere, grinta e che sia compatibile con il credo dell’allenatore che si sceglie.

Già, l’allenatore, la prima grande anomalia di questa sgangherata stagione è stata proprio la scelta dell’allenatore. Settimane su settimane per scegliere un tecnico che facesse al caso del Pisa, un casting lunghissimo, pari a quello di questi giorni per la scelta del presidente del consiglio. Si punta su Carmine Gauteri, un fedelissimo del 433, peccato che dalla cintura in poi i giocatori acquistati e a disposizione non sono minimamente adatti a quel modulo. Negro, Eusepi e Masucci rimangono lontani fra loro e dai compagni degl’altri reparti. I risultati non arrivano e per tutti paga l’allenatore, solo l’allenatore. Per il Pisa bis si sceglie un giovane, si scommette, nel vero senso della parola su Michele Pazienza, l’inizio sarebbe anche incoraggiante, poi si avvinghia sul 4231, un modulo che se da una parte permette di avere in avanti maggiore incisività, mostra limiti impressionanti a centrocampo dove Gucher e compagni spesso si trovano in inferiorità numerica e non riescono né a rifornire adeguatamente agli avanti, né a garantire la giusta copertura al reparto arretrato, gli avversari scoprono il tallone di Achille ed il Pisa sbatte ripetutamente contro squadre con il centrocampo a tre.

Ci sarebbe la sessione invernale del calciomercato per porre rimedio ad una squadra mal assortita e nella quale i limiti caratteriali iniziano a palesarsi con preoccupazione crescente. Ma dal mese di gennaio arriveranno giocatori, ad eccezione di Lisi, dei quali nessuno fra qualche settimana si ricorderà più neanche il nome di battesimo (leggi qui). Imbottiti di trequartisti, con il “colpo” Ferrante, e senza aver risolto i problemi difensivi, con Mannini sempre più sacrificato a fare il terzino, scoppia anche il caso Carillo. Il giocatore dimostra di essere davvero un piccolo uomo, la società pecca di inesperienza, il Pisa perde un tassello importante, ma soprattutto perde l’occasione di giocare con quello che forse potrebbe essere l’unico modulo in grado di far funzionare la squadra, ovvero quello con la difesa a 3.

Il terzo medico chiamato al capezzale del Pisa lo sa bene. Si perché intanto il Pisa crolla contro la Carrarese, paga per tutti ancora solo e soltanto l’allenatore e si riparte da Mario Petrone che subito si rammarica della mancanza di centrali per giocare a tre, Un vorrei ma non posso che è il refrain della stagione del Pisa, una stagione fatta di aspettative sempre e puntualmente deluse. Ripercorrendo il cammino dei neroazzurri sono ben nove (9!) le circostanze in cui questa squadra poteva diventare una bellissima farfalla ed invece è rimasta un bruco dentro il suo anonimo bozzolo.

Dopo i quattro punti conquistati fra Alessandria e Piacenza, il primo ipotetico match della svolta: arriva la Pistoiese, sarà un 3-3 rocambolesco con rete subita nel recupero. Il riscatto arriva a Carrara, vittoria in rimonta, l’unica della stagione, si attende la sfida con la Giana per lanciarsi definitivamente, e invece arriva un pari con gli ospiti in 10 che sfiorano il colpaccio. Si riparte da capo. Due vittorie consecutive, compresa quella pesantissima sul Livorno, non scuotono la squadra dai suoi alti e bassi e allora arriva un pari nel finale contro il Pontedera e la sconfitta casalinga contro l’Arezzo che chiude il girone di andata. Dopo la sosta si riparte: tre vittorie in casa e due pareggi, il Livorno inizia a perdere quota e nel giorno in cui crolla in casa contro il Pontedera, il Pisa perde un’altra grande occasione: contro il Prato, la peggiore squadra che chi vi scrive abbia mai visto in terza serie, è solo un pari raccolto grazie ad una magia di Gucher nei minuti finali. Il decollo è ancora rimandato, ma le occasioni continuano con il successo in Sardegna contro l’Arzachena, tre punti trovati a “the last kick of the game”, una circostanza che avrebbe dato morale e carica a chiunque, invece questa squadra sette giorni dopo crolla senza attenuanti in casa contro la Lucchese prima, e in trasferta con il Gavorrano poi. Dopo due pareggi sembra arrivato il game over, niente affatto il successo di Pistoia dà ossigeno al Pisa che manca l’ennesima svolta stagionale perdendo in casa con la Carrarese. Due vittorie consecutive e lo psicodramma in atto a Livorno, regalano ancora una chance: il derby, che finisce con una Waterloo condita da una prestazione impalpabile a tratti irritante sotto l’aspetto dell’approccio alla gara. Si arriva così al playoff che segna la fine dei sogni. La partita da dover vincere si trasforma in disfatta.

Certo è che così la Pisa calcistica non può andare avanti. Si individuino i responsabili di questa situazione e si abbia il coraggio di fare piazza pulita. Una società moderna, che punta ad uno stadio suo, funzionale, in linea con le esigenze del XXI secolo, non può permettersi progetti sportivi fallimentari, tanto più in una categoria che sta sempre più regredendo ad uno stato di dilettantismo conclamato e che non porta alcun utile economico nelle casse del club.

Pisa ed il suo pubblico ne hanno passate tante, “le estati del pisano”, sono lì a testimoniarlo, passerà anche questa delusione, i tifosi nerazzurri sono degli innamorati pazzi e sono disposti a perdonare tutto a patto di vedere ricambiato il loro amore e la loro passione. Passi un tradimento sportivo, ne passino anche due, ma i bonus da oggi sono finiti perché, dicevamo in apertura, sbagliare è umano e perseverare è invece diabolico.

In chiusura permettetemi di ringraziare chi nel corso di questa stagione ha seguito il nostro Borsino post-partita, le nostre anteprime, chi ci ha fatto compagnia ascoltando in radio le trasmissioni di Punto Radio. Avrei voluto raccontarvi un’altra storia, ma purtroppo questa volta è andata così. Dal punto di vista personale mi ritengo molto fortunato, faccio un lavoro che amo, e nel corso di questa stagione sono stato circondato da persone fantastiche che hanno dato un contributo fondamentale alla riuscita delle nostre rubriche sia testuali che radiofoniche: grazie a Paolo Sardelli, a Ivan Cioni, a Gabriele Bianchi che cura il Pisa siamo noi ed ha arricchito le competenze di Punto Radio e a Valentina Mazza che non immagina neanche quanto importante sia stata per le riflessioni che giorno dopo giorno ho condiviso con tutti voi, oltre che per i lavori grafici che avete visto nel corso di questi playoff. Loro, appassionati e volontari, più di tutti si sarebbero meritati di vedere il Pisa arrivare a Pescara, il bello del calcio, disse un giorno Rino Gattuso, è che offre sempre una possibilità di rivincita immediata, noi l’anno prossimo ci saremo ancora sperando che arrivi la stagione del riscatto.

massimo.corsini