Poli: "Demagogia e propaganda continuano a coprire gli errori"
Con una nota Fabio Poli, consigliere di Progetto Cascina Psi-Pse, torna sul percorso che ha portato all'onorificenza riconosciuta dal Comune di Cascina a Libero Cosci.
Per Fabio Poli, però, sia la storia della Resistenza, che il racconto degli anni a cavallo tra la fine del regime fascista e della Seconda guerra mondile, ancora, peccano di "demagogia e propaganda che continuano a coprire gli errori anzichè favorire, come diceva Piero Calamandrei, quel “dialogo della ragione” necessario per evitare rigurgiti o ritorni a forme di autoritarismo e fondamentale per una seria difesa della libertà, che è il sale di ogni democrazia".
Questo di seguito il testo integrale inviato da Fabio Poli
Nelle occasioni, quale la consegna dell'onorificenza a Libero Cosci, medaglia d'oro al valor militare (non postuma) conferita ad uno degli ultimi combattenti superstiti della seconda guerra mondiale, per rispetto della mia militanza e del mio pensiero politico ma, soprattutto, per sensibilità umana e personale, ritengo doverosa una precisazione per pormi fuori dal "coro dei pifferai" che ripetono spesso ciò che dicono i soliti tromboni, all'insegna del conformismo dilagante e dell'omologazione intellettuale più becera.
Celebrare qualsiasi giornata da dedicare alla memoria del passato, quale quella tributata a Libero Cosci e alla vicenda della divisione Acqui, soprattutto quando è ricondotta unitariamente all'interno del C.C., quale organo istituzionale e di rappresentanza di tutta la cittadinanza, testimonia la ricerca di un confronto in difesa dei valori di libertà e giustizia che rappresentano gli elementi su cui si fonda ogni democrazia.
Libero Cosci dall'alto dei sui 98 anni, con la propria azione spesso estesa anche alle scuole, continua ancora oggi a testimoniare che le tragedie di ieri debbono servire da monito perchè solo con il dialogo ed il confronto tollerante, si possono riscattare libertà e dignità sempre calpestate dagli orrori e dalle violenze quali quelle subite nel corso dell'esperienza vissuta.
Pensavo fossero definitivamente finiti gli anni in cui «La Resistenza è rossa», si diceva con lo slogan più urlato nelle celebrazioni, quale il 25 aprile, per descrivere in due parole una realtà. A resistere c’erano stati anche militari, sacerdoti, internati in Germania, partigiani cattolici, ma divennero prevalenti una strategia e una storiografia di parte per orchestrare un predominio sul fronte antifascista, favorire la conquista dell’Anpi ed espellere sia i cattolici che i capi del Partito d’Azione, tra cui un certo Ferruccio Parri e, da ultimo anche i socialisti.
Una tematica così delicata non può, ancor oggi, rimanere ingessata da rituali che alimentano due opposti processi, entrambi sbagliati: da un lato, si nega o si ridimensionano gli eventi, sfociando in un inaccettabile negazionismo, dall’altro, si riduce tutto agli aspetti nazionalistici per delegittimare pericolosamente i valori della Resistenza. Per rifiutare tutti e due gli estremismi è bene ricordare, come nel caso di Libero Cosci, sia la violenza della fucilazione subita dall'esercito nazista, e da cui si salvò perchè ritenuto morto, che quelle inflittegli dai partigiani del Maresciallo Tito nel campo di concentramento di Borovitca dove venne torturato in attesa di essere giustiziato. Fortunosamente scampò alla sorte invece riservata ai combattenti partigiani della brigata Osoppo, composta da militanti di Giustizia e Libertà e da partigiani cattolici, fra cui il fratello di Pier Paolo Pasolini.
Ovviamente, l’analisi dei fatti non può prescindere dal contesto storico e questo, non per giustificare, ma perchè ogni aspetto ed il ricordo di queste violenze e sofferenze non può essere disconosciuto insistendo con tesi puramente militanti che favoriscono solo dei passi indietro.
Se da una parte si sostiene che il fascismo con il fez è morto, ma non si condanna il fascismo che si nutre di nazionalismo e di razzismo, dall'altra, chi sventola le ragioni di un antifascismo di sistema, all'insegna di un conformismo spesso dilagante, rappresentano metodi e tentativi pieni, entrambi, di demagogia e propaganda che continuano a coprire gli errori anzichè favorire, come diceva Piero Calamandrei, quel “dialogo della ragione” necessario per evitare rigurgiti o ritorni a forme di autoritarismo e fondamentale per una seria difesa della libertà, che è il sale di ogni democrazia.
Fabio Poli, consigliere Progetto Cascina Psi-Pse
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