Pisa-Arezzo, il borsino specchio del girone di andata
Il Pisa chiude il suo girone di andata così come lo aveva iniziato: con una sconfitta, la vetta ora dista 10 punti con il turno di riposo ancora da osservare mentre il terzo posto è a forte rischio e potrebbe sfuggire già questa sera quando il Siena, che ha ben tre partite in meno rispetto ai nerazzurri, andrà a far visita al Piacenza nell’ennesimo posticipo che andrà in scena al Garilli, lo stadio prediletto dalle telecamere di Rai e SportItalia. Una vittoria dei bianconeri farebbe scivolare i nerazzurri al terzo posto che potrebbe diventare quarto se domenica prossima la Viterbese riuscisse a conquistare l’intera posta sul campo del Pontedera.
Dopo i proclami dell’estate ed una campagna acquisti indubbiamente importante a livello di nomi, siamo qui a commentare un giro di boa che relegherà il Pisa ad un probabile terzo posto, se proprio va male al quarto posto. La partita con l’Arezzo ha rappresentato lo specchio del girone di andata dei nerazzurri, inevitabile che le considerazioni su quanto visto nel diluvio dell’Arena Garibaldi vadano ben oltre i 90’ di gioco nei quali si è visto poco calcio giocato e su un campo reso molto pesante dalla pioggia, che ha fatto emergere, oltre ad uno scarso spirito di adattamento al manto erboso, tutti gli errori tecnici di una squadra figlia di una gestione sportiva deficitaria e non all'altezza delle aspettative create in estate dalla stessa società.
COSA FUNZIONA In questo Pisa funziona tutto ciò che riguarda la gestione economico-finanziaria. Il club ad oggi è sano, ed ha ha una visione futura con programmi a medio-lungo termine, fa del marketing e del merchandising il suo cavallo di battaglia con il marchio Pisa che viene utilizzato e sfruttato per il suo valore, anche se talvolta si rischia di andare un po’ oltre e far passare il tifoso per un consumatore e non per un cuore che batte per la propria squadra. Il calcio del XXI secolo però vive su queste cose e la società fa bene a percorrere questa strada.
COSA NON FUNZIONA La gestione sportiva fino ad oggi non ha raccolto i risultati che ci si aspettava, è inutile girarci tanto intorno. Il campo è giudice impietoso ed insindacabile e in dodici mesi il Pisa ha raccolto una retrocessione ed una prima parte di campionato che si chiude a distanza siderale dalla vetta. Chi ha la responsabilità dell’area tecnica non può nascondersi dietro un dito: ha fin qui fallito. A fronte di giocatori anche importanti arrivati questa estate, nomi che hanno fatto stropicciare gli occhi ai tifosi, il Pisa non è mai diventata una squadra. Ha sempre svolto il suo compitino, a volte è andata bene, altre volte male, ma, ad eccezione della partita con il Livorno, non ha mai dato l’impressione di poter imporre la propria personalità e cambiare passo per dare l’accelerata necessaria alla classifica. Limitarsi ad addossare le colpe all’allenatore, anzi allenatori visto che siamo a quota due, è superficiale oltre che ingeneroso, così come è superficiale ritenere che i problemi del Pisa siano Lisuzzo che da tre partite non gioca o la posizione di Mannini. Se una squadra che ha intenzione di vincere il campionato è sotto dipendenza del ruolo di due giocatori, importanti e carismatici quanto vogliamo, ma che in due fanno 70 anni, significa che qualcosa di sbagliato nell’assemblaggio della stessa c’è, eccome se c’è. La squadra è stata rivoltata come un calzino questa estate: scelta giusta a mio avviso, il taglio con il passato era necessario, ma molti dei nuovi arrivati non sono stati fino ad ora all’altezza della situazione: Negro su tutti, si è sbloccato contro l’Arezzo, ed è l’unica lieta novella della partita di ieri, ma per 17 giornate è risultato non pervenuto, come non pervenuti sono stati coloro che avrebbero dovuto mettere pressione ai cosiddetti titolari: in ordine sparso Cuppone, Cernigoi, Izzillo, Sabotic, Zammarini, oggetto misterioso da ormai 12 mesi, Reinholds vero e proprio desaparecido in maglia nerazzurra. Non a caso Pazienza nel dopo partita si è assai lamentato della mancanza di concorrenza con alcuni che si sentono titolari solo perché non esistono alternative. Senza entrare nello specifico della necessità di giocatori in ruoli specifici, qui serve gente che mangi l’erba del campo, ad oggi il Pisa non ce l’ha.
A gennaio urge mettere una pezza, che è il massimo che si possa fare nel calciomercato invernale, ma se la toppa la deve mettere chi il buco lo ha provocato, permetteteci di non essere troppo ottimisti. L’augurio è quello di poter essere smentiti, saremmo i primi ad essere felici e a riconoscerlo.
DA RIVEDERE Ci piacerebbe rivedere il presidente e la società in sala stampa a parlare del momento della squadra. Un dovere non tanto nei confronti dei giornalisti, anzi credo che la categoria debba essere l’ultimo pensiero della società (e chi lo scrive sa di darsi la zappa sui piedi), quanto nei confronti di chi ieri, nel solito orario infame scelto dai “parrucconi” della Lega Pro, ha sfidato la furia degli elementi per stare vicino alla squadra del cuore. Questa gente avrebbe meritato una parola da parte della proprietà, chi fosse un parola di scuse per la sconfitta, di tranquillità per il futuro. Una parola qualsiasi a chi è tornato a casa con la pioggia fin dentro i calzini avrebbe fatto piacere. Fra due partite il 2018 andrà in archivio: passerà alla storia per l’anno in cui il Pisa si è rimesso in piedi dal punto di vista della società, ma anche per una delle annate solari peggiori della ultracentenaria storia nerazzurra.