Sciopero generale, un successo sottostimato da media nazionali e Governo

Politica
PISA e Provincia
Sabato, 30 Novembre 2024

A Firenze, piazza di riferimento per la Toscana, in strada 70 mila persone. Adesione dell'80%. Manifestazioni anche in altre città. A Pisa hanno protestato in 4 mila

Lo sciopero generale indetto da Cgil e Uil è stato partecipato, molto, anche se i media nazionali, le forze di maggioranza e parte delle opposizioni al Governo Meloni, hanno raccontato qualcosa di diverso, non veritiero.

Sono i numeri a confermare la grande marea di persone scese in piazza per protestare contro la Legge di Bilancio al vaglio del parlamento (mezzo milione di manifestanti in Italia ndr), ma soprattutto, per portare alla ribalta tematiche con cui siamo costretti a fare i conti ogni giorno: salari bassi (anzi bassissimi), inflazione alta, tasse, balzelli, ospedali al collasso, servizi pubblici carenti, scuola in crisi, insicurezza.

Insomma, le ragioni per scendere in strada a protestare erano e restano tantissime. E anche in una società in cui lottare in prima persona è diventato un miraggio, lo sciopero generale Cgil e Uil ha colto ampiamente nel segno, smuovendo dalle zone di conforto anche persone che da quelle, proprio, non volevano uscire.

Oltre a Firenze, la protesta si è mossa anche in altre zone della Toscana, come Pisa, dove Cobas, Cub e Studenti, hanno presidiato le piazze e vie della città

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Hanno scritto la Cgil e la uil Toscana.

Alta adesione allo sciopero (in Toscana sull’80%, interessati tutti i settori, tranne quello ferroviario) e grandissima partecipazione (circa 70mila persone) alla manifestazione regionale a Firenze per lo sciopero generale nazionale Cgil-Uil per cambiare la Legge di Bilancio del Governo.

Il corteo di Firenze, partito da piazza Santa Maria Novella, ha visto le conclusioni in una strapiena piazza Poggi (a migliaia non sono riusciti a entrare), dove sono intervenuti dal palco Rossano Rossi (segretario generale Cgil Toscana), lavoratori, lavoratrici, pensionate/i, Ivana Veronesi (segreteria Uil nazionale). Erano in piazza i massimi esponenti delle istituzioni regionali e cittadine e della politica regionale.

I due sindacati sono scesi in piazza per chiedere di “cambiare” la Legge di bilancio, considerata del tutto “inadeguata a risolvere i problemi del Paese”, e per rivendicare l’aumento del potere d’acquisto di salari e pensioni e il finanziamento di sanità, istruzione, servizi pubblici e politiche industriali.

LE DICHIARAZIONI
Rossano Rossi (segretario generale Cgil Toscana): “Con buona pace di chi vorrebbe limitare il diritto di sciopero, in Toscana si rilevano grande adesione all’agitazione e grande partecipazione alla manifestazione. Da qui è partito un messaggio forte verso il Governo: questa Manovra è ingiusta, penalizza particolarmente la nostra regione e va cambiata nella direzione di una maggiore giustizia sociale. Senza risposte concrete dall’esecutivo, la mobilitazione andrà avanti e ci troverete ancora nelle piazze e nei luoghi di lavoro a protestare, insieme alla tanta gente che non ne può più di fare i contri con inflazione e salari fermi, e di vedere aumentare le diseguaglianze e le ingiustizie sociali, le crisi industriali, i problemi della sanità e dei servizi pubblici, mentre le spese militari s’impennano”.
Paolo Fantappiè (segretario generale Uil Toscana): “La popolazione Toscana ha risposto alla grande. Siamo qui perché c’è un Paese che non riesce ad arrivare alla fine del mese, i dipendenti e pensionati che non ce la fanno più.
Serve un recupero del potere d’acquisto e risorse su diversi temi fondamentali come sanità e stato sociale. La manovra non dà risposte neanche su precariato e sicurezza sul lavoro. Avevamo fatto delle proposte, dalla detassazione degli aumenti contrattuali all’extratassa sugli extraprofitti. È opportuno andare a tassare rendite e grandi capitali a favore del lavoro e delle persone meno abbienti. Da qui lanciamo un grido d’allarme!”

 


Hanno scritto i lavoratorə, precariə e studentə contro i tagli del governo Meloni!

In 4000 tra lavoratorə, precariə e studentə hanno oggi deciso di bloccare le strade della città di Pisa, in netta opposizione alla macelleria sociale e all'economia di guerra inaugurate dal governo Meloni con la nuova legge di bilancio.

In tempi di crisi economica e guerre senza fine, abbiamo riempito lo spazio politico dello sciopero generale per fermare le nostre vite produttive e riproduttive, incrociare le braccia e bloccare la città. La giornata del 15 novembre ha visto 2000 persone, tra studentə e ricercatorə precariə, scendere in piazza e l’approvazione all’unanimità in Senato Accademico UniPi di una mozione in cui abbiamo chiesto una netta opposizione alla manovra del governo.

Oggi, il corteo cittadino per lo sciopero generale ha confermato l'esistenza di un forte movimento di opposizione alle politiche del governo Meloni, che ha appena avviato una lunga stagione di tagli, che già colpisce scuole ed enti locali. La legge di bilancio che sarà approvata prevede tagli su tagli al welfare pubblico e sociale, con troppi regali ai privati e ai più ricchi. Le scuole della provincia di Pisa hanno subito un taglio vertiginoso di 700.000 € per l’assistenza specialistica, mentre l'Università di Pisa subirà una riduzione del finanziamento di almeno 16 milioni. Allo stesso tempo, la Sanità sarà duramente colpita dai tagli con una previsione di spesa nazionale che è la più bassa da 17 anni dopo aver già perso, tra il 2008 e il 2018, 37 miliardi di euro.

Le uniche risorse che aumenteranno sono quelle per il riarmo: la spesa pubblica per guerra e riarmo è spesa sottratta al benessere collettivo. Le risorse per il Ministero della Difesa aumenteranno di oltre 2 miliardi nel 2025, raggiungendo una spesa complessiva di 32 miliardi (+12% in più negli ultimi 10 anni). Nel nostro territorio, a fronte dei tagli già citati, si aggiunge una spesa di oltre 500 milioni per finanziare una base militare a San Piero a Grado, all'interno del Parco di San Rossore, nell'area Cisam e a Pontedera. Tutto ciò avviene in un Paese che, secondo i dati OCSE, è, tra le grandi economie, quello in cui i salari reali sono diminuiti di più. Si sta parlando di una riduzione dei salari reali del 2.9% tra il 1990 e il 2020 e del 7,3% solo nel 2022 rispetto al 2021. Il governo Meloni ha un'idea molto chiara per il nostro paese. Gli ultimi provvedimenti vanno in un'unica direzione: quella di costruire un paese che respinge chi fugge dalle guerre e reprime chi si batte per i diritti; un paese che finanzia progetti insostenibili e ignora la necessità di una transizione ecologica giusta. Un paese che costruisce basi militari e alimenta le diseguaglianze sociali.

Oggi abbiamo dimostrato che il paese ha un'altra idea della direzione da seguire ed esige un intervento pubblico radicale, che metta al centro le persone, non i profitti.

Il corteo di questa mattina ha aggiunto un tassello allo sciopero unitario e sociale che ha fermato il paese e che ha unito tutto il paese. Uno sciopero ecologista, precario, transfemminista che ha gridato la propria contrarietà alla guerra, la devastazione ambientale e i tagli al welfare e alla spesa sociale.

 


Hanno scritto Cobas  e Cub Pisa.

Il presidio di Cobas e Cub ha visto una buona partecipazione con almeno 150 presenti che poi sono confluiti nel corteo studentesco terminato alle 14 in piazza dei Cavalieri.

E' solo l'inizio di una mobilitazione che vede insieme studenti e lavoratori, pensionati e precari per una società senza disuguaglianze, per un fisco equo che preveda tante aliquote fiscali come quando si pagavano le tasse in proporzione al reddito.

Uno sciopero generale e generalizzato che ha messo insieme le istanze contro il ddl 1660 e quelle contro la riforma Bernini della università, la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro con la tutela di servizi sanitari ed educativi pubblici e funzionanti, per arrestare i processi di privatizzazione che verranno scaricati su noi tutti\e.

Pensiamo che sia solo una prima risposta ad un Governo che spende meno di ogni altro paese europeo, dati ufficiali, per sanità e istruzione e destina soldi invece alle tecnologie duali che saranno funzionali alle guerre.

Queste le motivazioni dello sciopero generale e generalizzato promosso da Cub e Cobas e dalle componenti studentesche alle quali va il nostro ringraziamento

 


Ha scritto Una città in comune.

Come un fiume in piena che scorre lungo le sponde del centro sinistra e del centro destra, le politiche sociali attuate dai governi degli ultimi decenni hanno travolto il lavoro e i suoi diritti, con un progetto di radicale ridimensionamento e trasformazione in termini aziendali e privatistici di tutte le funzioni pubbliche strategiche (Enti locali, sanità, scuola, trasporti, energia...).

In una situazione sociale difficile per gran parte della popolazione, in un contesto ambientale segnato dalla necessità di contrastare la crisi climatica, servirebbero invece investimenti significativi per politiche sociali e per una vera transizione ecologica. Nulla di tutto questo si riscontra nel testo della nuova legge di bilancio presentata dal governo, che si configura come un 'War Deal'.

Aumentano le spese militari, che nel 2025 dovrebbero raggiungere la cifra record di 31,3 miliardi, con un incremento di 2,1 miliardi rispetto al 2024 (+7,3%). Si tratta della conferma di una crescita che ha portato questa voce del bilancio dello Stato all’1,46% del PIL e che nei prossimi anni, sotto la spinta della NATO che invita i paesi membri a raggiungere l’obiettivo del 2%, potrebbe aumentare ancora. Il governo Meloni, confermando la tradizionale obbedienza alla NATO, sta conducendo l’Italia verso il riarmo, in una situazione che vede una molteplicità di conflitti che segnano le vite di milioni di persone e devastano il territorio in maniera irreversibile. E non fa parte delle spese in capo al Ministero della Difesa lo stanziamento di 520 milioni per una nuova base militare per i reparti speciali dei carabinieri, che si intende costruire tra San Piero a Grado e Pontedera, sacrificando il parco regionale di San Rossore, che graverà invece sui fondi destinati all'edilizia pubblica.

Sono altre le priorità del paese, a partire dal risanamento di un sistema sanitario al collasso, come hanno denunciato gli operatori e le operatrici della sanità che il 20 Novembre hanno scioperato in massa. Stipendi tra i più bassi d’Europa, carenza di personale che costringe medici e infermieri a turni massacranti, esodo all’estero o nel privato, liste d’attesa lunghissime: tanti elementi che richiederebbero di invertire la tendenza alla privatizzazione, mentre il governo conferma il blocco del turn over e stanzia solo 1,3 miliardi in più, assolutamente insufficienti a fronte alle necessità dei cittadini. Questi ultimi sono quindi spinti verso la sanità privata, con il chiaro disegno, che va avanti da almeno un decennio, di spostare risorse dal sistema pubblico a quello privato e di incentivare la creazione di nuovo capitale finanziario attraverso la stipula di polizze sanitarie.

Analogo processo di privatizzazione e definanziamento anche nel sistema dell’istruzione e della ricerca scientifica. I docenti delle scuole italiane sono tra i meno retribuiti d’Europa; il numero di alunni per classe resta alto; gli edifici scolastici sono vetusti e richiedono interventi per renderli accoglienti, sicuri ed energeticamente sostenibili. Ma la legge di bilancio non stanzia nulla di nuovo; anzi, si ventila la possibilità di finanziare l’iscrizione alle scuole private con un bonus di 1.500 euro ad alunno. Quanto all’università, già in ginocchio per una spesa tra le più basse d’Europa, si tagliano sia il finanziamento ordinario che il turn over del personale, con il rischio di aumento delle tasse e diminuendo possibilità di assunzione di ricercatori precari, mentre si promuovono le Università telematiche e si spinge il sistema della ricerca verso la creazione di fondazioni private. Servirebbero invece interventi per un reale sostegno al diritto allo studio, a cominciare da un piano abitativo per gli studenti fuori sede, e per il rilancio della ricerca scientifica pubblica, settore determinante per l’economia e la cultura del paese, nel quale l’Italia investe molto meno degli altri paesi europei.

A fare le spese delle forbici governative saranno anche gli enti locali, a cui gli stanziamenti saranno ridotti di 1,6 miliardi. Ciò si tradurrà in maggiori tasse locali, riduzione dei servizi ai cittadini, svendita del patrimonio pubblico e ulteriori esternalizzazioni e privatizzazioni. Il Comune di Pisa ormai da anni ha dato seguito a questo percorso. Sempre con la favola del “Comune leggero” l'attuale Amministrazione Conti ha appena approvato l'esternalizzazione alla Pisamo (società per la mobilità) delle attività relative alla Cultura, al Turismo e allo Sport, fino al punto di realizzare la privatizzazione dei Servizi Cimiteriali.

Altra priorità urgente che non rientra tra quelle del governo è quella della tutela dell’ambiente, del contrasto al cambiamento climatico e della transizione ecologica. Sono sotto gli occhi di tutti i danni che un clima caratterizzato da fenomeni sempre più estremi produce sul nostro territorio. Bisogna ragionare su quali siano le concause dei danni, che riguardano non solo il clima ma anche una cattiva gestione del territorio, cercare di ridurli e pianificare la transizione verso un sistema energetico a zero emissioni di gas climalteranti. Nessuna traccia di tutto questo si trova tra le righe della legge di bilancio. Al contrario, si taglia di 4,6 miliardi il fondo “automotive”, destinato ad una riconversione dell’industria automobilistica che abbandoni i combustibili fossili ma che non ricada sui lavoratori.  

In questi anni il Governo ha dichiarato la guerra ai poveri a partire dal non garantire in alcun modo il diritto all’abitare. Da qui la decisione avvenuta nel 2023 e confermata anche negli anni successivi di azzerare il fondo sociale affitti e per la morosità incolpevole di 300 milioni di euro. Il bisogno abitativo in Italia ormai non è più preso in considerazione sotto il profilo del diritto alla casa, anzi, è letteralmente criminalizzato. Le politiche nazionali del Governo Meloni, con l’approvazione dell’art. 10 del DDL sicurezza che porta le pene per chi occupa immobili o anche solo li detiene senza titolo da 2 a 7 anni, vanno esattamente in questa direzione. Questa misura, lo diciamo da tempo, avrà effetti devastanti considerata l’assenza di politiche pubbliche a partire fagli stanziamenti per recuperare le decine di migliaia di alloggi ERP, oggi inagibili, per renderli immediatamente disponibili per l’assegnazione.

Per tutte queste ragioni è importante maturare uno “sguardo diverso” sullo stato delle cose, a tutti i livelli. Il futuro dipende anche dal contributo fattivo e operativo di ogni cittadino affinché l' invocata “rivolta sociale” non si traduca in accordi giustificati con la logica del “meno peggio”.

redazione.cascinanotizie