Tagli del Governo Meloni all'Università: studentesse/i, dottorande/i, assegniste/i di ricerca in sciopero
"La tenuta del sistema universitario è fortemente a rischio"
Hanno scritto il collettivo Exploit Pisa e Sinistra Per.
Nella giornata di oggi 31 ottobre, giornata di sciopero nazionale del comparto scuola e università, studentesse/i, dottorande/i, assegniste/i e precarie della ricerca dei tre atenei di Pisa si sono mobilitate, insieme lavoratrici/tori della scuola e dell’università.
Nel contesto di un settore già sottofinanziato, i tagli dei fondi di finanziamento ordinario (FFO) annunciati dal Governo nella prossima Legge finanziaria rappresentano una grave minaccia per l’università pubblica e la ricerca in Italia. I tagli, a quando appreso finora, superano i 500 milioni di €: 173 milioni di tagli lineari sul FFO e 340 milioni di tagli sui fondi al piano di reclutamento per i professori associati. Il taglio effettivo per l’Università di Pisa si aggira intorno ai 16 milioni.
Alcuni Rettori hanno già annunciato gravi deficit di bilancio per gli atenei, e ipotizzato il blocco totale delle assunzioni nel 2025. La tenuta del sistema universitario è fortemente a rischio. Con il DDL Bernini, annunciato lo scorso 8 agosto, la prima – ma non certo l’unica - componente a essere colpita dall’ondata di tagli è quella di assegniste/i “post-doc”. La cosiddetta “riforma del pre-ruolo”, infatti, introduce una molteplicità di forme contrattuali (contratti post-doc, borse di assistenza alla ricerca junior e senior, contratti per professori aggiunti) per gli anni di ricerca successivi al dottorato, che mantengono la precarietà assoluta di contratti annuali, privi di tutele (malattia) e sottopagati. Il percorso del precariato “post-doc” si allunga ulteriormente, fino 17 anni di precariato. Peggiorerà, a nostro avviso, sia la ricerca, sia la didattica. Non possiamo accettare che chi fa ricerca, in Italia, sia costretto alla precarietà assoluta, a contratti annuali, a cercare disperatamente e costantemente fondi e contratti, secondo la più malata e degenerativa logica dell’auto-imprenditoria.
Riduzione, cancellazione o accorpamento dei corsi, e soprattutto l’aumento delle tasse studentesche, saranno i prossimi passaggi che ci aspettiamo per evitare il collasso delle università. L’Università pubblica si rivolgerà ancor più stabilmente a finanziatori privati, mentre le spese militari aumentano del 5% rispetto all’anno precedente, indicando una chiara direzione politica che il governo vuole imprimere alle sue scelte di bilancio.
Se il governo ha già proposto una riforma del pre-ruolo al risparmio, le vertenze di lavoratrici e lavoratori degli appalti mostrano come il sottofinanziamento andrà a pesare ancora sulle condizioni di chi quotidianamente garantisce la possibilità di studiare e lavorare all'interno dell'università. Non abbiamo intenzione come studentesse/i, dottorande/i, ricercatrici/tori, assegniste/i e docenti di accettare i blocchi alle assunzioni, contratti annuali e sottopagati, accorpamento di corsi, aumento della tassazione, ulteriori esternalizzazioni o altri tagli che si ripercuotono sulle vite delle/gli lavoratrici/tori.
L'unione di tutte le componenti dell'università è la strategia con cui risponderemo concretamente all’attacco del governo contro di noi.
Su queste basi, abbiamo convintamente aderito allo sciopero sindacale di oggi, ai presidi di piazza della FLC-Cgil e della Filcams, contro lo sfruttamento del lavoro e il sistema delle esternalizzazioni.
Rilanciamo, poi, a ulteriori momenti di convergenza tra studentesse/i, dottorande/i, precari/e lavoratrici/tori: l’11 novembre per un’assemblea generale del movimento contro i tagli e la riforma dell’Università, alle ore 16 presso il Polo Carmignani; il 15 novembre, una mobilitazione studentesca in tutte le piazze d’Italia, contro questo governo della guerra.
Ha scritto Una città in comune.
SOSTENIAMO LO SCIOPERO E LE MOBILITAZIONI DEL MONDO DELL’ISTRUZIONE
A DIFESA DELLA SCUOLA E DELL’UNIVERSITA’ PUBBLICA E CONTRO L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA
Una Città in Comune è al fianco di lavoratrici e lavoratori di Scuola, Università e Ricerca che oggi, 31 ottobre 2024, aderiranno allo sciopero nazionale del Settore della Conoscenza indetto dalla FLC-CGIL e che manifesteranno nelle piazze di tutta Italia, con presidi che si terranno anche a Pisa in Logge dei Banchi dalle 9 alle 10 e a Firenze davanti alla prefettura dalle 10 alle 11.
Le ragioni che hanno portato a questo sciopero sono innanzitutto legate al rinnovo del Contratto Nazionale: a fronte di un’inflazione ufficiale IPCA del 17,3% per il periodo previsto dal contratto (un dato sottostimato, che non tiene conto dell’aumento delle spese energetiche che incidono su bollette, trasporti etc), il Governo Meloni prevede un aumento ridicolo del 5,8%. Per il personale della scuola italiana, che era già in fondo alle classifiche europee per lo stipendio (siamo dietro a Portogallo e Spagna), di fatto si propone un taglio pesantissimo del salario di ben due mensilità.
Oltre a questa misura inaccettabile, nella giornata di oggi chi sciopera chiede la stabilizzazione dei precari (un quarto del personale), attraverso procedure che non penalizzino chi lavora da anni nella scuola, e chiede che i loro diritti siano parificati a quelli dei lavoratori stabili. Inoltre nella piattaforma dello sciopero è ben in evidenza il no ai pesanti tagli che si prevedono per il mondo dell’istruzione, al di là della retorica governativa, con l’annunciata riduzione di 5.660 docenti per il prossimo anno scolastico, con l’introduzione di scuole superiori della durata di 4 anni (con riduzione dell’organico) e con l’accorpamento e di fatto la chiusura di molte scuole nei territori più decentrati e in difficoltà. Grande è anche il disagio per una situazione paradossale dove, mentre si tagliano i salari e le risorse destinate alla scuola, si chiede agli istituti e ai docenti di aderire ai faraonici progetti PNRR, finanziati a debito dallo stato italiano, con finalità spesso discutibili che indirizzano la didattica e aprono la scuola ai privati.
Le rivendicazioni riguardano anche i settori dell’Università e della Ricerca, pesantemente penalizzati, per i quali si chiedono risorse adeguate a garantire un sistema pubblico di qualità in tutto il paese, per investire sul personale, superando il precariato, e per garantire il diritto allo studio.
Non meno importante sarà la protesta contro l’imposizione dell’Autonomia Differenziata, sostenuta da questo governo e portata avanti negli scorsi anni in modo bipartisan da regioni di centrodestra e centrosinistra. Il suo impatto, già devastante per tutta la società e per la tenuta della Repubblica Italiana, lo sarà in particolar per la scuola: si arriverà in breve a contratti regionali con salari e diritti diversi a seconda della regione, a programmi scolastici decisi su base regionale, a un diritto all’istruzione che varierà ancora di più in base al territorio e a processi di privatizzazione dell’istruzione sempre più spinti. La fine della Scuola Pubblica su base nazionale.
Per tutte queste ragioni sosteniamo con convinzione le lavoratrici e i lavoratori che aderiranno alle mobilitazioni e allo sciopero di oggi, per contrastare questo pesante attacco alla Scuola Pubblica e per respingere il progetto secessionista dell’Autonomia Differenziata.