Vicenda "Normale": comunicato di Potere al Popolo Pisa
Con una nota inviata ai media Potere al Popolo Pisa torna sulla vicenda "Normale", sulla possibile apertura di una sua sede a Napoli e sulll'uscita di scena dell'ex direttore dell'istituto di alta formazione pisano, Vincenzo Barone.
Questo di seguito il comuinicato integrale di Potere al Popolo Pisa.
Come è ormai noto, la querelle sollevata — a ragione — dall’Assemblea dei ricercatori, degli assegnisti e del personale tecnico-amministrativo nei confronti dell’ormai ex-Direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa, Vincenzo Barone, è giunta al suo epilogo. Ricorrendo ad una mozione di sfiducia (come ratificato poi in una nota del Senato Accademico), buona parte delle componenti interne alla Scuola ha indotto il Direttore a rassegnare le sue dimissioni. Aspetto cruciale della controversia è stato il mancato coinvolgimento delle parti interessate al processo consultivo riguardante il progetto della creazione di una ennesima Scuola d’Eccellenza, “succursale” meridionale della Normale pisana.
Il vero punto politico di tutta la questione però — a cui nessuna testata giornalistica (1) ha dato alcuna rilevanza specifica facendo torto alle ragioni dei tanti studenti, ricercatori, docenti e tecnici amministrativi contrari — era e continua ad essere l’appropriatezza o meno di un progetto di tale portata. A fronte di una tendenziale e ormai cronica decrescita finanziaria deli atenei, l’attuale Legge di Bilancio 2019 destina un tiepidissimo aumento dello 0,5% dei fondi (FFO) destinati a tutte le Università (40 milioni di euro nel 2019) mentre arriva a stanziare 50 milioni per la sola Scuola Superiore Meridionale con sede a Napoli (93 milioni spalmati fino al 2025). Una scelta politica questa coerentemente in linea con quanto fatto dai governi precedenti, la quale alimenta la logica dell’eccellenza ed aumenta la polarizzazione tra Atenei di serie A e di serie B (2-3).
Anche questo governo infatti conferma di voler affrontare l’ormai cronica condizione emergenziale degli atenei italiani con interventi di spending review, compromettendo offerta formativa, didattica e diritto allo studio di milioni di studenti, salvando però con finanziamenti ad hoc la formazione d’eccellenza di quella che viene definita la “futura classe dirigente”. Un processo di élitarizzazione accademica questo alimentato anche e soprattutto dall’ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario) che importa all’interno della massima istituzione scientifica e culturale del Paese logiche aziendalistiche di meritocrazia, efficienza e competitività ai fini dei ranking nazionali ed internazionali e del meccanismo premiale nella concessione dei finanziamenti.
Va anche detto però che il sistema dell’Alta Formazione riconosce ancora una centralità del pubblico, anche se sappiamo bene come all’interno della cornice dei Trattati europei il termine “pubblico” non sia necessariamente sinonimo di “interesse collettivo per il bene comune”. In questo caso il pubblico, cioè lo Stato, scegliendo di sostenere finanziariamente pochi centri di eccellenza iper-specialistici squalifica tutti quegli atenei non direttamente funzionali alle esigenze produttive del mercato capitalistico europeo.
Risultano inoltre ancora inevasi i dubbi sulle future ricadute del progetto sia sul sistema universitario del Sud sia sulla specifica Università Federico II di Napoli che, come descritto nella Legge di Bilancio (art.1, comma 214), dovrà assicurare un supporto amministrativo e logistico alla Scuola Superiore Meridionale per i primi 3 anni di avvio. Atenei napoletani (Federico II insieme all’Orientale e a Parthenope) che da alcuni anni non riescono nemmeno più a garantire l’erogazione delle borse di studio o l’assegnazione di residenze universitarie sicure e a norma di legge.
Quanto emerso a Pisa con la vicenda della Scuola Normale Superiore riaccende dunque l’attenzione sulla necessità di invertire la rotta della politica universitaria per come è stata concepita dai governi degli ultimi 30 anni. E questo può avvenire solo redistribuendo equamente adeguati finanziamenti tanto alle Università del Nord quanto a quelle del Sud. L’Italia è uno dei paesi europei che investe di meno in Università e Ricerca (solo lo 0,16% del PIL) e con il numero più basso di laureati. Solo aumentando i finanziamenti di 40 volte tanto quanto stanziato dagli ultimi governi sarà possibile rilanciare l’Istruzione e la Ricerca per dare risposte concrete anche ai tanti ricercatori e docenti precari.
Non intendiamo invece spendere alcuna parola sul grottesco e ridicolo teatrino sollevato dalla Lega in merito al presunto brand pisano se non che dire che “l’unico pericolo sociale è l’ignoranza”. Tutta in dote a chi governa oggi la nostra città e il nostro Paese.
Fonte Potere al Popolo Pisa