Vicenza addio, il calcio perde un altro pezzo di storia

Sport
Mercoledì, 10 Gennaio 2018

Il quasi certo fallimento del Vicenza riapre ferite mai rimarginate nel calcio italiano. A Pisa la fortuna di aver vissuto una eccezione che nel calcio moderno dovrebbe invece essere la regola

Il Vicenza saluta e, forse, se ne va. Potrebbero salire quindi a due le squadre che in corso d’opera abbandonano il campionato di Serie C, entrambe nel girone B che avrà ben tre squadre ad affrontare il turno di riposo.

Sul tema del fallimento Pisa è ormai una piazza molto sensibile, vuoi perché in due circostanze ha vissuto sulla propria pelle questo dramma, vuoi per il 2016 che ha visto una intera città combattere e vincere contro il fantasma della cancellazione dalla cartina geografica del calcio Italiano. Non può quindi che suscitare dispiacere l’apprendere che un altro club non ce l’ha fatta a sopravvivere. Poco importa se si parla del Vicenza, una società che negli ultimi anni ha negato per ben due volte la serie B al Pisa, nel 2012 grazie a giochetti politici legati al ripescaggio e nel 2017 conquistando una vittoria sul campo nei minuti finali di una partita che è stata universalmente riconosciuta come l’inizio della fine per il Pisa di Gattuso.

Tecnicamente il presidente Sanfilippo ha tempo fino a quest’oggi (mercoledì 10 gennaio, ndr) per saldare gli emolumenti ai calciatori ed evitare la messa in mora, ma il fatto che l’unica trattativa avviabile sia con Sundas fa capire che le speranze sono in prossimità dello zero.

La storia del Pisa non ha insegnato niente. Anche in questo caso si parla di calciatori, sono e restano loro l’ago della bilancia. I dipendenti con le rispettive famiglie a carico non hanno nessuna garanzia, nessuna forma di tutela, sono fantasmi, almeno per il carrozzone calcio. Già, il carrozzone calcio che ad ogni fallimento piange lacrime amare promettendo mai più casi Parma, Pisa, Modena (per citare gli ultimi in ordine di tempo), ma che nella sostanza non muove un dito attorcigliato su se stesso immerso in giochi politici e di potere che piano piano stanno sgonfiando il pallone e, ben più grave, uccidendo la passione dei tifosi, i veri depositari del marchio calcio, coloro che con la loro presenza negli stadi e grazie gli abbonamenti alle pay-tv satellitari e digitali permettono al movimento di sopravvivere.

I dati sono impietosi dal 2008 ad oggi sono 77 le società professionistiche che hanno alzato bandiera bianca. A fronte di 33 retrocessioni i club che non sono riusciti a sopravvivere allo scivolone dalla serie B alla Lega Pro/Serie C sono stati quasi la metà: 16, di cui 10 scomparsi nell’anno stesso della retrocessione e 6 nell’anno seguente

2008-2009: 8 Società: Avellino, Pisa, Venezia, Treviso, Sambenedettese,  Pistoiese, Ivrea e Biellese.
2009-2010: 20 Società: Potenza, Pescina VdG, Legnano, Alghero, Olbia, Pro Vercelli, Sangiustese, Itala San Marco, Pro Vasto, Cassino, Monopoli, Manfredonia, Scafatese, Gallipoli, Mantova, Arezzo,Perugia, Real Marcianise, Rimini e Figline.
2010 -201: 14 Società: Atletico Roma,Ravenna, Gela, Salernitana, Brindisi, Cavese, Cosenza, Matera, Sanremese, Canavese, Crociati Noceto, Rodengo Saiano, Sangiovannese e Catanzaro.
2011 -2012: 8 Società: SPAL, Triestina, Piacenza Taranto, Foggia, Pergocrema, SiracusaGiulianova
2012 -2013: 6 Società:  Campobasso, Borgo a Buggiano, Tritium,Andria BAT, Portogruaro e Treviso
2013 -2014: 4 Società: Viareggio, Nocerina,Padova , Siena
2014 -2015: 8 Società: Varese, Castiglione, Real Vicenza, Unione Venezia, Grosseto, Barletta, Reggina e Monza
2015-2016: 5 Società: Martina , Spornting Bellinzago, Lanciano, Rimini e Pavia
Stagione 2017-2018: 4 società: Como e Latina, Modena, Vicenza.

77 club di cui 32 del Nord, 23 del centro e 22 del Sud. Numeri che fanno tremare i polsi, ma che evidentemente non indignano i burattinai se è vero come è vero che ad oggi il grande favorito alla carica di presidente federale è Gabriele Gravina, attuale presidente della Lega Pro, colui che in sede elettorale aveva promesso la rivoluzione della terza serie riportandola a 60 squadre con stipendi garantiti (per i calciatori). Nel suo palmares invece campionati con sempre meno squadre, costi lievitati, un paio accordi con le Tv con contratti che valgono un piatto di lenticchie, una formula playoff così cervellotica da far impallidire gli ingegneri della NASA (e sulla quale potrebbe essere necessario rimettere mano visto il caso Vicenza).

Con dirigenti calcistici improvvisati è stato davvero un miracolo che il Pisa sia uscito indenne da una stagione come quella 2016/2017. La fortuna di avere avuto un catalizzatore mediatico come Gattuso ha certo aiutato ha risolvere positivamente la situazione, ma bisogna dare atto all’attuale proprietà di essere stata brava, fino ad oggi, ad ammortizzare la retrocessione permettendo al club di sopravvivere dopo la caduta. Numeri alla mano non era scontato. A Pisa è andata in scena quella che dovrebbe essere la prassi calcistica, quello che accade in tutta Europa, ma che nel Bel Paese è una fortuita eccezione: il fallimento sportivo non deve coincidere con il dramma del fallimento societario. Retrocedere non deve rappresentare la fine della storia di un club. Se nessuno, nelle stanze dei bottoni pensa a questo, il calcio viaggerà ancora a fari spenti fino a trovare davanti a se un muro: solo allora ci si accorgerà che è troppo tardi per frenare.

massimo.corsini