Dal deserto: diario Saharawi giorno 5

Cronaca
Cascina
Giovedì, 20 Aprile 2017

Dal nostro inviato a RABOUNI - RASD - ALGERIA

Degno di considerazione e visita è il "Museo della Resistenza" del Popolo Saharawi, situato a Rabouni, centro amministrativo e politico della zona. Per arrivarci serve il lasciapassare del protocollo della Wilaya, da mostrare ai militari del check-point al confine della tendopoli, nel nostro caso quella di Auserd. Per non farci mancare nulla, siamo stati pure tamponati da una macchina, probabilmente con i freni finiti, che, nonostante la sbarra con i militari, ci è giunta addosso a gran velocità. La questione è stata risolta con uno scambio di battute, a noi incomprensibile, in Hassaniya. Rabouni si raggiunge con un strada così diritta, nel mezzo al deserto, che, complice il sole forte, alla fine pare tutto un'allucinazione. Il museo della guerra è composto da più sale, dove vengono esibite foto sbiadite di militari, martiri e operazioni belliche durante la guerra contro Mauritania e Marocco, di cui ho già parlato in precedenza. In una specie di hangar sono parcheggiati carriarmati, jeep militari e armi da fuoco di tutti i tipi, sequestrate o catturare all'esercito marocchino. Su questo vale la pena soffermarsi, perché questa guerra pare a noi lontana, marginale rispetto agli eventi della storia, come generalmente la intendiamo, cioè la storia dell'Occidente. Ogni armamento esposto aveva accanto una bandiera indicante il paese di produzione. Li elenco: Francia, Germania, USA, Inghilterra e anche Italia (tutti paesi NATO) quest'ultima  vendeva le mine, di marca Beretta. Tutt'ora, alla radio di Auserd, c'è un manifesto che invita a fate cautela alla mine e a non camminare fuori dai percorsi; l'anno scorso un bambino é morto e due sono rimasti feriti dallo scoppio di una mina. Ma il vero punto focale è la sala dedicata al "muro de la verguenza" come lo chiamano qui, il muro della vergogna, costruito anche grazie all'appoggio di tecnici israeliani dal Marocco dopo la guerra con i Saharawi, negli anni '80. La guida ha detto che il costo giornaliero del muro che il Marocco sostiene è 4 milioni di dollari. Non sappiamo se la cifra è attendibile, ma data la sua lunghezza, oltre 2000 kilometri, la sorveglianza dell'esercito e la manutenzione necessaria, sicuramente possiamo dedurre che il costo vivo è molto alto. Forse se il Marocco avesse investito in infrastrutture e lavoro, o in politiche piú sagge e meno militari, avrebbe evitato l'emigrazione e l'esodo di molte persone per cercare un lavoro e una vita altrove, viene da pensare. Come se non bastasse per tutta la lunghezza del Muro, sono state deposte milioni di mine (si parla dalle 5 alle 9 milioni di mine interrate), la cui caratteristica è quella di essere di plastica, quindi difficilmente rintracciabili dal metal detector. Storie non lontane, dato che, ad esempio, Il marito della sorella della nostra Zacma che ci ospita, di lavoro fa lo sminatore, lavoro che renderá si economicamente, ma che espone al pericolo costante. Mine che non uccidono, sono piccole, invalidano a vita.

Le foto del muro lasciano senza parole: un'opera gigantesca, sorvegliata da migliaia di soldati che divide due parti di un medesimo deserto. I soldati appostati, che scrutano il nulla, ricordano quelli de "Il Deserto dei Tartari" di Buzzati. Curiosa anche quella foto dove si vedono dei soldati marocchini che aprono un varco nel muro, per poter far passare un veicolo del famoso rally della Parigi - Dakar, prima che lo scenario della corsa fosse spostato in America Meridionale.

Terminata la visita riprendiamo la strada verso Auserd, la stessa via diritta che sembra svanire nell'infinito del Deserto.

Poiché domani è l'ultimo giorno e prenderemo l'aereo per Algeri alle 3 di notte ed essendo, inoltre, un giorno di riordino e riposo, non credo sarà disponibile l'articolo.

Ecco i link per le giornate precedenti del diario quotidiano che Jacopo Artigiani scrive per Cascina Notiziegiorno 1giorno 2giorno 3; giorno 4

 

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